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Promises: Pierfrancesco Favino, Kelly Reilly, e quei mélo che ormai non si fanno più

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Pierfrancesco Favino e Kelly Reilly, i protagonisti di Promises, escono da un locale notturno. Uno avanti e l’altra dietro. Sono ammantatati da una luce verde dei neon e da una luce dorata. Tutto è laccato, patinato, come le notti in cui, di tanto in tanto, i due, dopo essersi conosciuti, si incrociano. Inizia così Promises, il film di Amanda Sthers, adattato dal suo romanzo Les Promesses (in Italia con il titolo Promesse), in uscita al cinema dal 18 novembre. Già da queste prima immagini si capisce la cifra di un film elegante ed estetizzante, che trasuda passione, ma solo a tratti. “Mi dispiace non aver agito al momento giusto” dice lui. “Non c’è mai un momento giusto. Non è colpa di nessuno” è la risposta.

Sandro e Laura (Pierfrancesco Favino e Kelly Reilly), vivono nella Londra degli anni Ottanta, quella della New Wave dei Simple Minds, dei Cure e dei Joy Division, che a tratti sentiamo nel film. Si incontrano a una festa, nel bagno, quando lui aiuta lei a truccarsi con dei baffi dipinti sopra le labbra, perché quello è il tema della festa. Per entrambi quell’incontro è magnetico, è un imprinting. Tra i due c’è subito feeling, attrazione, forse già amore. Ma Laura è fidanzata e sta per sposarsi. E anche Sandro è sposato e ha una bambina. I due si cercheranno e si troveranno nel corso degli anni, senza riuscire mai a coronare il loro sogno.

Promises è un film molto particolare, da maneggiare con attenzione. Non è un film completamente riuscito, certo. Eppure Amanda Sthers ha il coraggio di girare un mélo puro, un film romantico di quelli che ormai nessuno vuole fare più. E lo può fare forte di due attori di razza, dalla presenza scenica importante. Pierfrancesco Favino ha la sua solita presenza fisica, a cui qui unisce una recitazione in un prefetto inglese (se potete provate a vedere il film in lingua originale). Ma queste sono le parole. Tutto il resto del suo personaggio lo dovrete leggere attraverso quegli occhi così liquidi, umidi, malinconici. Kelly Reilly, che era la ragazzina inglese de L’appartamento spagnolo ha due occhi stellati e sognanti, brillanti, che qui sono spesso velati di malinconia. E due labbra che sembrano disegnate da un pittore con un grande senso estetico. Tra loro la chimica funziona e i due, insieme, bucano lo schermo e ci fanno sentire l’attrazione fino in platea.

Il problema è che quando Pierfrancesco Favino e Kelly Reilly non sono in scena il film perde di tensione e di atmosfera. Stiamo parlando soprattutto dei flashback, quelli in cui Sandro è un ragazzino, che ambientati un’Italia stereotipata e da cartolina. Sono momenti che ci sembrano calligrafici, finti, che non hanno l’atmosfera giusta, e rallentano il ritmo del film. Hanno il difetto di allontanarci dalla storia attuale di Sandro e Laura, che stiamo seguendo con attenzione. Hanno però la funzione di raccontarci perché Sandro ama, o non ama, in quel modo.

Se solo, dopo aver chiuso finalmente il cerchio con il suo passato, potesse invertire il flusso del tempo, alla fine Sandro lo farebbe. E questa è una riflessione che in qualche modo fa parte prima o poi della vita di tutti noi. Imperfetto, sbilanciato, ma intrigante, Promies ci regala una delle scene più belle di attrazione e dolore che abbiamo visto negli ultimi tempi. È il momento in cui Sandro e Laura si intravedono, ma lei è in casa e lui in strada, sotto la pioggia. Lei si spoglia dietro una finestra, con lui che la guarda da fuori. In quel momento i due sono vicini, eppure lontani. Quel vetro che c’è tra loro è solo il simbolo di tutte quelle cose che, lungo la loro vita, li hanno sempre tenuti separati.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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