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Dune: Immergetevi e perdetevi nel mondo creato da Denis Villeneuve

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A volte è questione di punti di vista, Dune, la nuova versione cinematografica del classico della fantascienza di Frank Herbert, firmata da Denis Villeneuve (Blade Runner 2049), in arrivo nei cinema italiani il 16 settembre dopo essere stata presentata al Festival di Venezia, inizia in modo molto diverso dal film di David Lynch del 1984. A raccontare la storia è Chani, il personaggio interpretato da Zendaya, un’abitante del pianeta Arrakis. Lei, e gli altri abitanti, sono raffigurati come dei partigiani, dei guerriglieri in difesa di quello che è un pianeta occupato da forze straniere. Il film del 1984 di David Lynch iniziava con il racconto della figlia dell’imperatore, e le prime scene si svolgevano proprio nel palazzo imperiale. Questo per dire che la versione di Dune di Denis Villeneuve è qualcosa che parte da zero, ed è addirittura antitetica a quella, poco fortunata, di Lynch. Va vista con occhi nuovi, provando a immergersi, e perdersi, nel mondo che il regista canadese ha saputo costruire alla perfezione

Dune è la storia di Paul Atreides (Timothée Chalamet), erede di una famiglia nobile, che dovrà viaggiare verso il pianeta più pericoloso dell’universo, Arrakis, noto anche come Dune, che è l’unica fonte della sostanza più preziosa dell’universo, la spezia. La sua famiglia, infatti, è stata incaricata dall’imperatore di gestire il pianeta e di occuparsi dell’estrazione della spezia. La famiglia Atreides dovrà prendere il posto degli Harkonnen, che avevano controllato il pianeta fino a quel momento, e che ora hanno un piano per debellare e sterminare la famiglia rivale.  Ma Paul si troverà prima di tutto a relazionarsi con i Fremen, gli abitanti di Arrakis, e conoscerà Chani (Zendaya), una misteriosa ragazza.

C’era una volta il Dune di David Lynch, l’unico film non riuscito del regista di Missoula, schiacciato tra le ambizioni del produttore, Dino De Laurentiis, interessato a farne una space opera commerciale, sull’onda del successo di Star Wars, e la visione d’autore di Lynch, interessato più alle stanze del potere, ai complotti degni di Shakespeare – o di un gangster movie – e a personaggi deformi piuttosto che alla vita su quel pianeta arido e ricoperto da infinite distese di sabbia. Il film di Lynch, incompiuto e sbilanciato, si svolge quasi solamente in interni. Quello di Villeneuve, invece, coglie l’occasione di viaggiare davvero, e a lungo, su quel pianeta, tra distese di sabbia sterminata e ostili paesaggi rocciosi, tra la diffidente e pugnace popolazione dei Fremen e gli enormi e ineluttabili vermi che fluttuano sotto le dune. Tutto questo ci viene mostrato in un bianco abbagliante, dove le dune di Lynch erano di un rosso quasi marziano. Arrakis, in questo nuovo Dune, è un pianeta disidratato, inospitale, inabitabile se non con gli accorgimenti del caso. È, a tutti gli effetti, uno dei protagonisti della storia. Forse il protagonista principale.

Essere riuscito a creare un mondo, e a trascinarci, a immergerci dentro di esso, è il pregio maggiore di Denis Villeneuve che già aveva (ri)creato il mondo di Blade Runner. Lì lo aveva fatto basandosi su un preciso immaginario visivo, quello del film di Ridley Scott, qui lo fa partendo da un universo narrativo, quello del romanzo di Frank Herbert, bypassando la oscura e deforme visione che ne aveva dato David Lynch. Il nuovo Dune, che un sottotitolo, in apertura, ci avvisa essere la prima parte, è quindi solo l’inizio, l’ambientamento, l’ingresso nell’universo narrativo. E per questo non porta fino alla fine l’azione. Rispetto al film di Lynch si ferma molto prima, accenna solamente allo scontro tra gli Atreides e gli Harkonnen, che – se il box office darà i risultati sperati – sarà nella seconda parte. Per questo potrà sembrarvi un film incompleto, interlocutorio, sospeso. Lo è, ma lo è per una questione precisa. È solo il primo capitolo di una lunga storia.

È anche un film insolito per essere un blockbuster, qualcosa di completamente diverso dal film di fantascienza, dalla space opera che siamo abituati a vedere. Non ha la suspense e la violenza quasi horror di un Alien, non ha la fantasia fiabesca di uno Star Wars. È un film ipnotico, assorto, sospeso. Un film che si prende i suoi tempi, dilatati, per farci guardare attorno, farci capire dove siamo, farci respirare l’atmosfera di Arrakis. È un’esperienza immersiva (e per questo, da vedere assolutamente al cinema), che emoziona, almeno all’inizio, più per le sensazioni che suscita, che per l’azione vera e propria. Dune è un blockbuster d’autore, probabilmente un ossimoro, un oggetto a suo modo unico nel panorama del cinema di oggi. Affascinante, e anche rischioso perché, a differenza di uno Star Wars, non è un film per tutti, non è universale, e rischia anche di non attrarre un pubblico generalista come questo tipo di film deve fare per sopravvivere a livello commerciale.

In un cast stellare – e non solo perché siamo in un film di fantascienza – che comprende Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Zendaya, Chen Chang, David Dastmalchian, Sharon Duncan-Brewster, Charlotte Rampling, Jason Momoa e Javier Bardem, a brillare sono tutti. E, in fondo, nessuno. Non per demerito, anzi. Ma perché tutti gli attori sono completamente mimetizzati (il lavoro sul trucco e sui costumi è eccezionale) e quindi spariti nei loro personaggi, fino a diventare a volte irriconoscibili. È immediatamente riconoscibile, invece, il mondo creato da Villeneuve. E vale la pena di perdercisi – letteralmente – dentro per due ore e mezza. Ed è solo l’inizio. Benvenuti su Arrakis.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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