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Zack Snyder’s Justice League: Ritorna l’età dell’oro degli eroi. Su Sky

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Un’immagine di morte, quella di Superman, scenari di distruzione, un’eco che rimbomba nei vari mondi, quello degli Atlantidei, quello delle Amazzoni e quello degli umani. Negli occhi delle persone ci sono terrore e stupore. Giovedì 18 marzo, alle 8 del mattino, in prima assoluta su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW TV e disponibile on demand, arriva finalmente l’attesissimo , in contemporanea assoluta con l’uscita negli Stati Uniti. Il film sarà trasmesso in prime time anche sabato 20 marzo alle 21.15 su Sky Cinema Uno. È l’atteso Snyder’s Cut, il film come Zack Snyder lo aveva pensato prima di dover abbandonare il progetto e lasciare il testimone a Joss Whedon, che aveva confezionato un film che non aveva convinto nessuno. Nello Snyder’s Cut tutto suona più epico, più tragico, più ineluttabile. È davvero un altro film. Anche il colore è diverso. Il film è a colori ma è così desaturato che a tratti sembra un film in bianco e nero. È ricco di controluce, e ci mostra un mondo a luci e ombre che è sempre stato quello in cui ci ha portato Zack Snyder. È un mondo plumbeo, oppressivo, opprimente.

Determinato ad assicurarsi che il sacrificio finale di Superman (Henry Cavill) non sia stato vano, Bruce Wayne (Ben Affleck) unisce le forze con Diana Prince (Gal Gadot) con lo scopo di reclutare una squadra di supereroi per proteggere il mondo da una minaccia imminente di proporzioni catastrofiche. Ma è molto difficile. Ognuno di loro deve affrontare i demoni del proprio passato, superarli, e solo allora potrà nascere una lega di eroi senza precedenti. Finalmente insieme, Batman (Affleck), Wonder Woman (Gadot), Aquaman (Jason Momoa), Cyborg (Ray Fisher) e Flash (Ezra Miller) potrebbero essere in ritardo per salvare il pianeta da Steppenwolf, DeSaad e Darkseid e dalle loro terribili intenzioni.

La versione di Snyder ha un altro respiro rispetto a quella di Whedon. Dura quattro ore, ma è una lunghezza che non si sente. È divisa in capitoli, come un romanzo, ma oggi che la vedrete in streaming potreste anche vederla a puntate, come se fosse una serie. Nella prima parte (Don’t Count On It, Batman) Bruce Wayne incontra Aquaman per dirgli che sta mettendo in piedi un’alleanza, contro un nemico che da molto lontano. Gli ambienti sono freddi, raggelati e raggelanti, come i “no” che vengono dati in risposta a Batman, che sembrano togliere ogni speranza al nostro eroe e al mondo. Fa freddo nell’artico, dove Batman ha incontrato Aquaman. Fa freddo, e piove, a New York, dove Lois Lane piange il suo Clark Kent. Fa freddo a Londra, dove una bandiera nera, a lutto, è issata sul Tower Bridge, e Wonder Woman sventa un attentato. “Posso essere come te un giorno?” chiede una bambina a Wonder Woman. “Puoi essere tutto quello che vuoi”, risponde Diana Prince. È il senso dell’essere un eroe: essere un modello, un simbolo. Nella seconda parte, The Age Of Heroes, è proprio Diana Prince a Raccontare a Bruce Wayne dei tempi andati, quando tutti gli eroi si unirono per combattere Darkseid, un alieno venuto per conquistare il mondo. È stata l’età dell’oro degli eroi, e dicevano che non sarebbe più tornata. Ora ci sono Wonder Woman e Batman. Ma gli altri dove sono?

La terza parte, Beloved Mother, Beloved Son, risponde alla domanda. Entra in scena Barry Allen, Flash. E il modo in cui lo fa è simbolico di tutto il taglio che Snyder ha dato alla storia. Nella Justice League di Joss Whedon Flash era l’elemento comico, leggero della storia, logorroico e ironico. Qui lo è ancora, ma nella scena chiave che ce lo presenta (e, come si è soliti fare, è raccontata rallentando tutto il resto intorno a lui) salva una ragazza in maniera epica, con un ralenti estremo e una musica che rende tutto lirico e poetico. C’è il ralenti, con la neve che cade, anche nella scena che ci presenta Cyborg, durante una partita di football, prima dell’incidente che lo poterà poi a vivere in un corpo robotico. La parte 4, Change Machine, è il momento dove la squadra entra in azione, dove incontra il suo nemico. Le “change machine” sono le scatole madri, gli oggetti che il nemico sta cercando, e di cui capiremo la vera natura. Del quinto e del sesto capitolo, All The King’s Horses e Something Darker, non possiamo raccontarvi troppo, così come dell’epilogo, A Father Twice Over. Quando vi sembra che il film sia finito non distraetevi, perché le sorprese non sono affatto finite.

Non tutto funziona comunque, anche nella versione di Zack.  Il cattivo Steppenwolf ci sembra ancora poco minaccioso, e poco approfondito, E anche i suoi aiutanti, che sembrano moscerini, rimangono piuttosto anonimi. Ma la versione di Snyder, rispetto al film che abbiamo visto quattro anni fa, acquista davvero tutto un altro senso. É il perfetto compimento dello Snyderverse, cioè l’interpretazione che Zack Snyder ha fatto del mondo DC, il suo DC Extended Universe. Chiamato a creare un’operazione simile a quella del Marvel Cinematic Universe, quello degli Avengers, Snyder era arrivato dopo che un primo reboot di Superman, firmato Bryan Singer, era andato malissimo. E dopo che Christopher Nolan aveva dato la sua impronta a Batman, dark ma allo stesso tempo realistica. Snyder aveva iniziato il suo viaggio da Man Of Steel, riprendendo in mano un eroe come Superman, alla luce di quello che aveva fatto Nolan con Batman, approfondire l’uomo – in questo caso un alieno – e le sue contraddizioni. Snyder lo aveva fatto alla sua maniera, con un notevole senso pittorico, con un senso tragico, con i suoi chiaroscuri, visivi ma anche interiori. Dopo Batman vs Superman, Snyder aveva portato la sua idea nel film corale, Justice League.

Ora finalmente vediamo la sua idea, che chiude lo Snyderverse, ritroviamo il Batman stanco e provato di Ben Affleck, il Superman di Henry Cavill, due figure entrate comunque nell’immaginario, e che non vedremo più. Quello che è venuto dopo e che abbiamo già visto, i film stand alone di Wonder Woman e di Aquaman, sono un’altra storia. Sono più pop. La marcia indietro della Warner e della DC su Justice League di quattro anni fa aveva finito per portare il film verso un altro stile, quello degli Avengers (Joss Whedon arrivava proprio dal mondo Marvel), ma senza averne le premesse. Insomma, ne era diventato una brutta copia. La Justice League di Zack Snyder riporta tutto a dove era iniziato, è un film che, piaccia o no il regista, ha uno stile ben preciso, una visione d’autore. È la vita secondo Zack, è il mondo di Snyder. È opprimente e senza speranza. Dopo che avevamo visto Justice League, versione Whedon, nella nostra vita precedente, oggi vediamo questo film con tutt’altro stato d’animo, mentre il nostro mondo sta davvero vivendo un incubo, dove davvero l’umanità deve unire le forze per uscirne, e dove, come mai da tanto tempo, abbiamo bisogno di eroi. Zack Snyder’s Justice League, allora, è il film giusto per rappresentare il nostro mondo di oggi, la nostra richiesta di aiuto.

Di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

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