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“Jeremy Scott, genio e sregolatezza” ossia, tutto il meglio della Milano Fashion Week

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Eccoci come al solito a fare il nostro resoconto finale su una delle Fashion Week più attese di sempre, quella milanese, in cui ogni volta troviamo alcuni dei più grandi nomi della moda mondiale per la presentazione delle attesissime collezioni della prossima stagione.

Milano, proprio come la vicina Parigi, è sempre stata la Fashion Week dal taglio più “classico”, se vogliamo anche con un’impostazione più “rigida”, insomma una linea artistica ben precisa e delineata. Nulla a che vedere con Londra o New York che, al contrario, puntano più alla sperimentazione, all’irriverenza.

A maggior ragione, ospitare il genio di Jeremy Scott per Moschino in questo contesto acquista una valenza ancora più forte e significativa.

Ed è proprio a lui che vogliamo dedicare il nostro close-up, senza menzionare tutte le sfilate (per lo più digitali) che si sono svolte in questa nuova edizione della MFW.

Sì, perché è lui il vincitore indiscusso della moda (e oseremo dire, non solo). E lo diciamo a gran voce e senza remore, ancor prima di vedere la fine della settimana della moda francese che sti sta svolgendo proprio in questi giorni. Ci perdoneranno tutte le grandi maison, che comunque hanno presentato splendidi outfit, come vedrete nelle nostre gallery.

Ma, la verità è che qualsiasi cosa accada e qualsiasi collezione stupefacente si possa presentare, a nulla valgono e varranno gli sforzi per competere con uno dei più grandi artisti viventi di oggi, Jeremy Scott appunto.

Non parliamo solo del designer, ma dell’artista a 360° che, per mostrarci la nuova collezione (inutile dirvi che è impossibile non amarla), ha realizzato un cortometraggio dall’originalità e la sofisticatezza ineguagliabili.

Un film che rende omaggio alla bellezza, all’eleganza e allo sfarzo della Hollywood degli anni Trenta e Quaranta, ispirandosi a un grande classico come Donne di George Cukor (1939), come lo stesso Scott ha dichiarato. Ma non solo.

Nel corto, infatti, diretto dallo stesso Jeremy Scott, c’è anche tutta la poetica di Billy Wilder, la stessa forza evocativa e quell’ironia velata che solo un autore in grado di osservare e cogliere le sfumature della realtà circostante può donarci. In Jungle Red troviamo A qualcuno pace caldo (Billy Wilder, 1959) ma anche tutta la freschezza di uno Xavier Dolan, con quella straordinaria estetica eccentrica e pop e la magnificenza dei musical di Broadway.

Jeremy Scott prende gli stilemi classici tanto del cinema quanto della moda, maneggiandoli con un’acuta sapienza, per poi creare una grammatica nuova, un universo tutto suo. L’artista prende quella retorica dal sapore insopportabilmente ipocrita che ci ha accompagnato negli ultimi 12 mesi su come “avremmo dovuto sfruttare la resilienza per rinnovarci” e lo fa davvero.

Jeremy Scott non crea un surrogato della passerella – che, per carità, è stato necessario in alcuni momenti, ma pensare al digitale come un’alternativa concreta al live sempre e comunque è alquanto spaventoso –, ma un’opera d’arte. Un film che va al di là del semplice espediente. E lo si nota anche dalle stesse modelle-attrici.

Per decenni abbiamo pensato che l’inespressività di una modella fosse necessaria per non sovrastare la scena di un abito che è il solo vero protagonista di una sfilata. Ecco, Jeremy Scott è riuscito a rompere anche questo luogo comune e ci ha dimostrato come l’interpretazione di chi indossa certi outfit sia assolutamente funzionale ad esaltare gli stessi abiti.

Perché una collezione non è fatta solo di semplici vestiti. C’è un mondo dietro, fatto di arte, pensieri, contaminazioni con altri linguaggi che vanno dal design al teatro, dal cinema alla poesia. E più si lavora sull’intertestualità più ciò che ne esce fuori è un’opera d’arte a tutti gli effetti – d’altronde, basti pensare a un altro grande genio della moda come era Karl Lagerfeld, non un semplice designer ma tra i più vivaci studiosi ed interpreti della filosofia nietzschiana, nonché raffinatissimo fotografo.

E così Jeremy Scott per Moschino ha realizzato, sulle note di un nostalgico omaggio alla Hollywood che fu, un film che è uno spettacolo nello spettacolo, con tanto di imbonitore che ad ogni stacco ci introduce al prossimo show.

Partiamo da elegantissimi abiti tipici di un’atmosfera retrò a metà fra gli anni Quaranta e Cinquanta, ad una suggestione più “Country Side” con abiti a gonna ampia e mucche stampate in ogni dove, fino all’outfit safari e all’abito ‘coccodrillo’ total gold con tanto di coda.  Ma abbiamo anche la giraffa paillettata con tacchi che mostrano dettagli di foglie e l’abito fenicottero, per non parlare dell’irresistibile cappotto zebrato con spalline pronunciate che, siamo certi, diventerà il must-have per eccellenza della prossima stagione fredda.

E ovviamente le immancabili maniche a sbuffo e stole di seta con le estremità fatte a forma di guanto. E ancora i cappelli, uno più originale dell’altro e, naturalmente, tutti perfettamente coordinati con i completi.

Con incredibile coerenza stilistica e concettuale, Jeremy Scott ci offre così uno sguardo a tutto tondo sulla società, rendendo omaggio a tutte le donne, di ogni provenienza e di ogni bellezza. Non una scelta semplicemente “inclusiva”, dal sapore del tanto ambito “politically correct” di oggi, ma una scelta matura e consapevole di chi sa osservare il mondo e lo rappresenta attraverso le proprie opere.

E se lo show viene aperto in grande stile con Hailey Bieber, viene chiuso ancora meglio con la modella e performer di burlesque Dita Von Teese che, come fosse una Betty Boop dei nostri giorni, mostra il retro dell’abito total red con una scollatura profondissima del fondoschiena.

In una parola, brillante.

di Francesca Polici per DailyMood.it

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