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Romulus: Alle origini del Mito, tra Apocalypto e Game Of Thrones. Su Sky e NOW TV

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Grida, grida, tira tutto fuori. Queste sono le cose di cui posso fare a meno. Avanti, sto parlando con te. In tempi violenti, non dovresti vendere la tua anima in bianco e nero, avrebbero davvero veramente dovuto sapere”. Ogni volta che vedrete una puntata di Romulus, la nuova serie Sky Original, dal 6 novembre in esclusiva su Sky e in streaming su NOW TV (10 puntate, due alla settimana ogni venerdì) sentirete queste parole. Sono quelle della sigla, un’incredibile versione di Shout dei Tears For Fears cantata da Elisa, celestiale e poi tribale. Che, tra parole e musica, ci porta immediatamente nel mood della serie creata da Matteo Rovere. Romulus riprende la storia de Il primo Re, il film di Rovere che ci immergeva, con una messa in scena realistica e filologica, e i dialoghi in protolatino, nella la leggenda di Romolo e Remo. In quella canzone c’è tutto quello che troveremo in Romulus: una voce virginale capace di spezzarsi in un grido, percussioni tribali che evocano un mondo primitivo, ferino, spietato. Quei tempi violenti di cui recita il testo sono quelli che arrivano prima della storia. E c’è qule “grida, grida, tira tutto fuori” che ci fa capire subito che Romulus sarà una storia di ribellione, di persone che vogliono ribaltare l’ordine precostituito. Tutti gli episodi saranno disponibili anche in 4K HDR con Sky Q satellite e saranno sempre disponibili On Demand.

Romulus non è un prequel de Il primo re. È piuttosto una storia che si muove nello stesso universo, ma ne amplia l’orizzonte narrativo, partendo da lontano per immaginare il mondo che ha portato a quella leggenda, allargando lo sguardo ad altri personaggi. La storia scritta da Matteo Rovere si concentra soprattutto su tre personaggi. Marianna Fontana è Ilia, una vestale rinchiusa dall’età di sei anni nel tempio di Vesta, dove serve la dea feconda di cui è sacerdotessa, custodendo il fuoco sacro che non deve spegnersi mai. È una donna che si muove in un mondo di uomini, durissimo. Ma, lottando e soffrendo, troverà la sua strada. Andrea Arcangeli è Yemos, il Principe di Alba, legatissimo al fratello gemello Enitos. Per una trama ordita ai loro danni è costretto a fuggire nei boschi, dove una serie di incontri lo faranno crescere e ritrovare il suo posto nel mondo. Francesco Di Napoli è Wiros, un orfano senza destino, schiavo nella città di Velia, che proverà a riscrivere il suo futuro, anche attraverso l’incontro con Yemos.

Romulus è una serie unica. Racconta una parte della nostra storia antica, la storia prima di Roma, un anfratto ancora buio, fumoso, poco conosciuto del nostro passato remoto. Da un lato lo fa con un’attenzione quasi filologica, provando a ricostruire quella che poteva essere la lingua di quei tempi, una sorta di protolatino, e a ricreare alla perfezione case, costumi, ambienti e comportamenti dell’ottavo secolo avanti Cristo, così come lo hanno studiato gli archeologi. Dall’altro dipinge un affresco potentissimo, fatto di chiaroscuri e di tinte fosche, che ci avvolgono e ci fanno immergere, anzi precipitare, in un mondo lontanissimo. Guardate una delle prime scene, quei ragazzi nudi e impauriti, poi ricoperti da una sorta di fango, che attendono di partire per un rito di iniziazione. Sembra di stare in Apocalypto di Mel Gibson.

Ecco, Romulus è una serie unica proprio per questo. Detto dell’enorme potenza visiva del mondo creato da Matteo Rovere, è un’opera che si muove tra due opposti, appunto Apocalypto da un lato e Game Of Thrones dall’altro, tra uno spettacolare realismo filologico e il fantasy. Di Game Of Thrones ha i colpi di scena, la tensione, l’azione, un senso di spietatezza che pervade tutta l’opera. Potrebbe sembrare un controsenso, ma non lo è. Romulus è una serie che si muove nel solco della storia, quasi una preistoria, ma viaggia indietro verso un mondo di cui non si hanno certezze storiche, documentate. E allora, andando così indietro, va verso un mondo sconosciuto, misterioso, sfumato. Quella dei natali di Roma è una leggenda, e come tale è fiaba, e come tale è fantasy. L’ignoto permette ai creatori della serie di immaginare, evocare, di lasciare libera la fantasia. Per questo immaginiamo che Romulus possa avere un grande successo all’estero, e trovare un pubblico potenzialmente sterminato.
Matteo Rovere si concede anche qualche citazione legata al cinema contemporaneo. Così Ilia, la vestale, quando vede nel futuro sembra una delle pre-cog di Minority Report di Spielberg. E, quando la vediamo sepolta viva non possiamo non pensare a Uma Thurman in Kill Bill di Tarantino.

E torniamo all’inizio, da dove siamo partiti, a quel grido della sigla. “Shout, shout, let it all out”. È un grido di ribellione, un grido universale che rende Romulus attuale, legata ai nostri tempi. Al centro, in fondo, c’è un gruppo di ragazzi a cui un mondo arcaico e reazionario ha imposto le proprie scelte. Molti giovani di oggi sono come i protagonisti, sentono di vivere in un mondo che non hanno scelto loro, e che vogliono cambiare. Romulus parla anche a loro. “Come on, I’m talking to you, come on”.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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