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American Psycho (il film) ha 20 anni. Ma Brett Easton Ellis aveva anticipato Trump
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4 anni agoon
Era l’America della seconda metà degli anni Ottanta, la New York di Wall Street e degli yuppie, quella dove Brett Easton Ellis aveva ambientato il suo American Psycho. Il romanzo uscì nel 1991, creando subito uno scandalo per le sue scene forti. American Psycho, il film, diretto da Mary Harron, usciva negli Stati Uniti (dopo un passaggio ai Festival di Sundance e Berlino) proprio 20 anni fa, il 14 aprile del 2000, suscitando molto meno scandalo. Da noi sarebbe arrivato il mese dopo, a fine maggio. La storia è nota. Patrick Bateman, consulente finanziario a Wall Street, vive nel suo appartamento di lusso all’undicesimo piano di un grattacielo del centro di New York. Ricco, elegante e molto preso da se stesso, vive tra il suo lavoro, i suoi abiti costosissimi e i suoi prodotti di bellezza di giorno. È un efferato serial killer, che uccide decine di uomini e donne, la notte. Il film American Psycho, che stempera la violenza del libro e finisce per essere un prodotto meno incisivo del romanzo, è ricordato anche per il suo attore protagonista, lui sì perfetto nel ruolo, quel Christian Bale che già aveva fatto vedere di che pasta era fatto, ma che avrebbe caratterizzato il cinema degli anni a venire.
Ma c’è qualcosa che rende molto interessante American Psycho oggi. In quel libro (da rileggere prima di rivedere il film) Brett Easton Ellis aveva fatto di Donald Trump l’eroe di Patrick Bateman. Per farlo si era documentato, aveva fatto delle ricerche sui suoi modi spregiudicati di fare business, sul suo modo di mentire, sul suo probabile razzismo. Donald Trump è uno spirito che aleggia in tutto il romanzo, è il modello di Bateman, che lo cita di continuo e si identifica con lui. Perché quei ragazzi di Wall Street con cui Brett Easton Ellis usciva a cena, ovviamente, ne erano affascinati. Nel romanzo, Trump è citato più di 40 volte. È per questo che lo scrittore americano ha detto di essere stato preparato quando Trump era stato eletto presidente degli Stati Uniti. Perché aveva conosciuto tante persone a cui piaceva. E tante persone che lo apprezzavano ancora.
Anche dopo molti anni dalla pubblicazione di American Psycho, Brett Easton Ellis si è visto chiedere più volte dai suoi lettori che fine avesse fatto Patrick Bateman, come se si parlasse di una persona reale, di un conoscente dello scrittore. Se lo sentì chiedere dopo l’uscita del film, dopo l’11 settembre 2001, dopo la crisi dei mutui del 2008. E ovviamente dopo l’elezione di Trump a presidente USA. E la domanda saltava fuori a ogni Halloween, perché spesso c’era chi si vestiva da Bateman, con l’impermeabile trasparente macchiato di sangue indossato da Christian Bale nella scena in cui uccide il collega Paul Allen, cioè Jared Leto, con un colpo d’ascia in faccia. Un Patrick Bateman che si fosse mosso una decina di anni più tardi, alla fine degli anni Novanta, immagina Ellis, avrebbe fondato diverse aziende nel settore delle nuove tecnologie, sfruttando la famosa bolla della new economy. O anche trasferirsi nella Silicon Valley e andare a vivere a Cupertino. Se esistesse davvero, forse oggi sarebbe un consigliere di Donald Trump… Insomma, Patrick Bateman è tornato più volte a far riflettere il suo autore su cosa avrebbe fatto se si fosse mosso in un’altra era. Così scrive Brett Easton Ellis nel suo libro Bianco. “Com’era strano che l’incarnazione del mio dolore e della mia angoscia giovanili si fosse trasformata nella metafora dell’avidità distruttiva di un intero decennio, oltre che in una perdurante metafora delle persone che lavorano a Wall Street – un simbolo duraturo della corruzione – o di chiunque mascherasse dietro una facciata perfetta un lavoro più sporco e selvaggio”. Rileggete American Psycho, rivedete il film. Perché Patrick Bateman è ancora tra noi.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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