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American Psycho (il film) ha 20 anni. Ma Brett Easton Ellis aveva anticipato Trump

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Era l’America della seconda metà degli anni Ottanta, la New York di Wall Street e degli yuppie, quella dove Brett Easton Ellis aveva ambientato il suo American Psycho. Il romanzo uscì nel 1991, creando subito uno scandalo per le sue scene forti. American Psycho, il film, diretto da Mary Harron, usciva negli Stati Uniti (dopo un passaggio ai Festival di Sundance e Berlino) proprio 20 anni fa, il 14 aprile del 2000, suscitando molto meno scandalo. Da noi sarebbe arrivato il mese dopo, a fine maggio. La storia è nota. Patrick Bateman, consulente finanziario a Wall Street, vive nel suo appartamento di lusso all’undicesimo piano di un grattacielo del centro di New York. Ricco, elegante e molto preso da se stesso, vive tra il suo lavoro, i suoi abiti costosissimi e i suoi prodotti di bellezza di giorno. È un efferato serial killer, che uccide decine di uomini e donne, la notte. Il film American Psycho, che stempera la violenza del libro e finisce per essere un prodotto meno incisivo del romanzo, è ricordato anche per il suo attore protagonista, lui sì perfetto nel ruolo, quel Christian Bale che già aveva fatto vedere di che pasta era fatto, ma che avrebbe caratterizzato il cinema degli anni a venire.

Qualche mese fa è uscito Bianco, il primo libro non narrativo di Brett Easton Ellis, una sorta di memoir, un’autobiografia non lineare e non esaustiva, piuttosto una serie di flash sulla sua infanzia, le sue ispirazioni, le sue idee. È un libro nel quale Ellis torna spesso su American Psycho, sulla nascita del libro e sulla realizzazione del film. Ellis iniziò a pensare al suo romanzo alla fine del dicembre del 1986 e a buttare giù una scaletta a inizio primavera del 1987. Si era trasferito a New York, in un appartamento sulla 13a strada, nell’East Village, noto perché ci aveva abitato Tom Cruise. Il primo capitolo del libro, Pesci d’aprile, potrebbe suggerire che quello che leggiamo non sia proprio quello che accade al personaggio, ma che sia tutto un sogno, o il frutto della mente di un mitomane, “la sensibilità collettiva della cultura consumistica yuppie vista attraverso gli occhi di un sociopatico disturbato con tenui contatti con il mondo reale”, come scrive Ellis in Bianco. Forse diventò proprio questo, perché Brett Easton Ellis, in qualche mod,o viveva in una sorta di mondo fantastico a quei tempi. Più tardi, lo avrebbe ammesso: Patrick Bateman era lui, allo stesso tempo attratto e inorridito dal mondo che frequentava, e del quale comunque voleva far parte. Inizialmente era un libro su un ragazzo che si perdeva a Wall Street, un racconto lineare e realistico, la storia di una crisi d’identità e di valori, sulla scia di Meno di zero e Le regole dell’attrazione, con i quali doveva andare a formare un’ideale trilogia sugli eccessi giovanili nell’America reaganiana degli anni Ottanta. Ma in quegli anni Ellis andava spesso a cena con dei giovani che lavoravano a Wall Street. Erano molto evasivi sul lavoro che facevano, ed erano invece molto interessati a sfoggiare il loro stile di vita materialista, gli abiti Armani, i ristoranti dove prenotare un tavolo era un’impresa, le case estive negli Hamptons, le loro abbronzature, i loro tagli di capelli. La loro competizione, la loro boria erano a volte minacciose. E così, durante una cena con loro, Ellis decise che Patrick Bateman sarebbe diventato un serial killer. Il libro doveva uscire nel novembre del 1990, ma la sua uscita fu cancellata: il romanzo, secondo qualcuno, era offensivo. Non fu capito il suo carattere di satira.

Verrà capito in seguito, molti anni dopo (sarebbe comunque uscito nella primavera del 1991 con un altro editore) da molte persone, anche alcune donne. Tra cui la regista Mary Harron che sarà quella che porterà American Psycho sul grande schermo, facendone un film, e trasformando il romanzo in una “stilosa commedia horror con Christian Bale”, come la definisce lo stesso Brett Easton Ellis nel suo libro. A differenza di un altro film tratto da un famoso libro di Ellis, Meno di zero (in Italia uscito con il titolo Al di là di tutti i limiti), in American Psycho tutte le battute di dialogo e tutte le scene vennero tratte dal libro. L’immagine iconica del film è quella di Christian Bale, il fisico scolpito, nel momento di abbronzarsi (artificialmente). Quel fisico lo avremmo visto mutare più volte, negli anni seguenti: dimagrire a dismisura per L’uomo senza sonno e The Fighter, diventare quello di un supereroe in Batman Begins e gli altri film della trilogia di Christopher Nolan, ingrassare in American Hustle. Accanto a Bale, nel film di Mary Harron, troviamo Willem Dafoe, Jared Leto, Justin Theroux, Chloe Sevigny, Reese Witherspoon e Samantha Mathis. Il film, poi, ha un’interessante colonna sonora, che in parte segue i capitoli del libro di Ellis (vedi i Genesis), in parte punta a contestualizzare la storia negli anni Ottanta, con le canzoni dei New Order, dei Cure, dei M/A/R/R/S e di Eric B. & Rakim.

Ma c’è qualcosa che rende molto interessante American Psycho oggi. In quel libro (da rileggere prima di rivedere il film) Brett Easton Ellis aveva fatto di Donald Trump l’eroe di Patrick Bateman. Per farlo si era documentato, aveva fatto delle ricerche sui suoi modi spregiudicati di fare business, sul suo modo di mentire, sul suo probabile razzismo. Donald Trump è uno spirito che aleggia in tutto il romanzo, è il modello di Bateman, che lo cita di continuo e si identifica con lui. Perché quei ragazzi di Wall Street con cui Brett Easton Ellis usciva a cena, ovviamente, ne erano affascinati. Nel romanzo, Trump è citato più di 40 volte. È per questo che lo scrittore americano ha detto di essere stato preparato quando Trump era stato eletto presidente degli Stati Uniti. Perché aveva conosciuto tante persone a cui piaceva. E tante persone che lo apprezzavano ancora.

Anche dopo molti anni dalla pubblicazione di American Psycho, Brett Easton Ellis si è visto chiedere più volte dai suoi lettori che fine avesse fatto Patrick Bateman, come se si parlasse di una persona reale, di un conoscente dello scrittore. Se lo sentì chiedere dopo l’uscita del film, dopo l’11 settembre 2001, dopo la crisi dei mutui del 2008. E ovviamente dopo l’elezione di Trump a presidente USA. E la domanda saltava fuori a ogni Halloween, perché spesso c’era chi si vestiva da Bateman, con l’impermeabile trasparente macchiato di sangue indossato da Christian Bale nella scena in cui uccide il collega Paul Allen, cioè Jared Leto, con un colpo d’ascia in faccia. Un Patrick Bateman che si fosse mosso una decina di anni più tardi, alla fine degli anni Novanta, immagina Ellis, avrebbe fondato diverse aziende nel settore delle nuove tecnologie, sfruttando la famosa bolla della new economy. O anche trasferirsi nella Silicon Valley e andare a vivere a Cupertino. Se esistesse davvero, forse oggi sarebbe un consigliere di Donald Trump… Insomma, Patrick Bateman è tornato più volte a far riflettere il suo autore su cosa avrebbe fatto se si fosse mosso in un’altra era. Così scrive Brett Easton Ellis nel suo libro Bianco. “Com’era strano che l’incarnazione del mio dolore e della mia angoscia giovanili si fosse trasformata nella metafora dell’avidità distruttiva di un intero decennio, oltre che in una perdurante metafora delle persone che lavorano a Wall Street – un simbolo duraturo della corruzione – o di chiunque mascherasse dietro una facciata perfetta un lavoro più sporco e selvaggio”. Rileggete American Psycho, rivedete il film. Perché Patrick Bateman è ancora tra noi.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

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