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Westworld III. Che cosa c’è fuori dal parco? Scopritelo su Sky Atlantic
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4 anni agoon
Siamo in Cina. In una villa sul mare ultramoderna due uomini d’affari stanno parlando. Più tardi, in piena notte. uno dei due si sveglia di soprassalto. Esce in giardino. Nella sua piscina una donna bellissima sta nuotando, nuda. Inizia così Westworld III, la terza stagione dello sci-fi drama targato HBO che arriva su Sky in contemporanea assoluta con la messa in onda americana, alle 3.00 della notte fra il 15 e il 16 marzo su Sky Atlantic e in streaming su NOW TV e poi alle 20.15. Dal 23 marzo sarà disponibile anche in lingua italiana, tutti i lunedì alle 21.15. Abbiamo visto in anteprima le prime quattro puntate e vi raccontiamo le nostre prima impressioni. Senza svelarvi troppo, vi possiamo dire che quella donna è Dolores (Evan Rachel Wood), l’automa ormai uscita dal parco a tema di Westworld e decisa a vendicarsi di chi, là dentro, l’ha maltrattata. Con un brusco cambio di scena, nel secondo episodio, ritroviamo Maeve (Thandie Newton), in un paesino italiano durante la Seconda Guerra Mondiale. È in
Dimenticate il parco a tema, gli scenari del vecchio west, il Giappone feudale e l’India. Anche se per un attimo siamo stati in un altro parco, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, ormai siamo fuori. Il campo di battaglia è più ampio, è il nostro mondo. E la battaglia è quella tra automi ed esseri umani. Per la prima volta Westworld ci porta all’esterno (finora avevamo visto i treni e le stazioni per arrivare ai parchi, una villa poco prima che i parchi aprissero) e ci fa capire quando sta avvenendo la storia. Siamo in un futuro lontano ma non troppo. È un futuro distopico, dove ci sono auto a guida autonoma, anche volanti, occhiali che permettono di vedere cosa avverrà in futuro, ma ci sono anche corporation tecnologiche che controllano i nostri dati e quindi le nostre identità. Attraverso quei dati sono in grado di creare degli specchi, delle copie di noi stessi, e forse a farci vivere in eterno. Ma in un eterno inganno. Controllano la realtà, in modo che a volte è difficile capire che cosa è reale e che cosa non lo è. E gli automi allora si troveranno in un mondo che, in fondo, non è tanto diverso da quello dei parchi dove sono sempre vissuti.
Se forse la storia della terza stagione di Westworld è l’evoluzione naturale (l’unica possibile?), una volta esaurita la parabola all’interno del parco, trovarsi all’esterno, nel mondo reale, è allo stesso tempo intrigante e straniante. Come gli uomini nel mito della caverna di Platone, gli automi hanno scoperto che quella dove vivevano non era la realtà, e sono voluti uscire. Da un lato siamo curiosi di scoprire qual è il mondo in cui vanno a vivere, qual è il mondo che ha dato vita a Westworld. Dall’altro, siamo in un universo, visivo e narrativo, per quanto sempre stimolante, molto più simile ad altri universi futuribili e distopici che abbiamo visto. Un po’ ci manca quella visione dei parchi a tema, quell’essere nel futuro ma nel passato, ultramoderni per cercare l’antico, quella distinzione netta tra realtà e finzione, e tra umano e artificiale.
Ma con Westworld III entriamo proprio in un altro genere. La serie creata da Jonathan Nolan e Lisa Joy rimane uno dei migliori prodotti seriali di fantascienza, ma diventa molto più un action, una spy-story. È come se fosse un Terminator all’ennesima potenza, con due terminator potentissime e pericolose destinate, prima o poi, a trovarsi l’una contro l’altra. In questa terza stagione cambia la personalità di Westworld, e perde parte del suo fascino. E cambia anche la personalità delle protagoniste. Se nelle prime due stagioni vi abbiamo raccontato come siamo entrati in empatia con questi automi perché li trovavamo più umani degli umani (a differenza degli uomini, violenti, ingordi, in preda agli istinti più bassi), qui ci troviamo nuovamente spiazzati. Dolores è diventata un angelo sterminatore, un terminator spietato, un killer sulla scia di Nikita, Peppermint o Salt. Maeve, per il momento più profonda, sempre legata al sogno di conoscere la figlia, è una sorta di Neo, che, come il protagonista di Matrix, sa controllare il mondo in cui si muove perché ne ha capito l’inganno: ma qui si trova su un terreno di gioco nuovo. Il risultato è che, almeno dalle prime puntate, ci sembra meno forte l’empatia tra i personaggi e chi guarda, ci sembra venuta a mancare quell’”umanità” degli automi che li rendeva così particolari e vicini al nostro cuore. Ma Westworld è una serie fatta per stupire e spiazzare. Chissà cos’accadrà. Del doman non v’è certezza.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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