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Parasite: il film di Bong Joon-ho che ha riscritto la storia degli Oscar

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Il momento è storico. In un’annata straordinaria, di quelle che non capitavano da molto, con una serie di film straordinari a contendersi i favori dell’Academy, il premio Oscar per il miglior film, al di là di tutti i pronostici, è stato vinto da Parasite, del sudcoreano Bong Joon-ho. Il momento è storico perché Parasite è il primo film straniero, cioè in lingua non inglese, a vincere l’Oscar come miglior film. Ma la statuetta più importante è stata solo il punto d’arrivo di una serata in cui Bong Joon-ho ha anche vinto il premio per la miglior regia, quello per la miglior sceneggiatura originale e quello per il miglior film straniero. Praticamente tutti i premi più importanti, andando molto oltre le speranze dei tanti che hanno amato questo film, e che speravano, al massimo, nell’Oscar come miglior film straniero e per la sceneggiatura.

Ma Parasite, si è capito subito già dal maggio scorso, quando a Cannes ha incantato tutti portando a casa la Palma d’Oro, è un film nato per stupire.  È la storia di Ki-woo, un giovane studente che vive con la famiglia (padre, madre e sorella) in un seminterrato maleodorante e decrepito nel quartiere più povero della città. La sua vita cambia quando ha l’occasione di sostituire un amico, che sta partendo per andare all’estero: dovrà insegnare inglese a una studentessa del liceo, e anche… tenerla d’occhio, visto che il suo amico, al ritorno, ha intenzione di fidanzarsi con lei. Arrivato a destinazione, si trova in un mondo mai visto prima. La casa è una villa su più piani, lussuosa e ipertecnologica, fatta di grandi spazi e grandi vetrate sul verde. E lì, a Ki-woo, viene il colpo di genio: siccome il fratello minore della studentessa ha dei problemi, gli viene in mente che potrebbe aver bisogno di lezioni di arte, o arte terapia. E lui conoscerebbe la persona adatta. Così, senza che nessuno sappia davvero chi è, porta nella casa anche la sorella. Ma è solo l’inizio.

Parasite è qualcosa che non avete mai visto. È un segno dei tempi che stiamo vivendo, prima di tutto. Perché racconta i profondi squilibri economici che connotano il mondo di oggi, in ogni sua parte. Per questo Parasite non è una storia coreana, ma è un racconto universale. Parasite è la storia di una guerra di ricchi contro poveri, prima sottile, poi dichiarata, poi inevitabile. Ma non pensate di assistere a un film “sociale”, uno di quei film drammatici, di quelle opere a tesi. Non aspettatevi una storia dove i poveri sono quelli buoni, e quelli cattivi i ricchi. La forza di Parasite è proprio quella di non avere regole, non avere categorie. Come nella vita, ogni personaggio, o quasi, ha in sé il bianco e il nero.

Ma che cos’è Parasite? È prima di tutto un divertentissimo gioco di scatole cinesi che si protrae all’infinito. Non appena se ne apre una, e si crede di aver assistito a una grande sorpresa, è già il tempo di aprire l’altra, e saltare sulla sedia per la sorpresa seguente. E si va avanti così, di scatola,in scatola, e quando ci chiediamo “che cosa può succedere ancora?”, immediata ci arriva una nuova risposta. Parasite è un film drammatico, un thriller, una commedia acida, un film grottesco, con tratti splatter. C’è dentro quella follia, quella crudeltà, quell’immaginazione senza limiti che è tipica del cinema coreano e che molti di noi, se non dalle opere precedenti di Bong Joon-ho, conoscono da un colpo di fulmine del 2003, quell’Old Boy di Park Chan-wook, che proprio in un festival di Cannes trovò la sua consacrazione. Pare che quella follia, quel senso di violenza, di imminente pericolo nasca nei coreani dalla lunga divisione in due della loro nazione, da quel confine, quell’avere un nemico perennemente di fronte a sé. Se ci pensate, è quello che accade in Parasite.

È un film dove c’è anche un po’ di Italia. Bong Joon-ho, appassionato di musica italiana, ha inserito nel film anche una canzone storica di casa nostra, In ginocchio da te di Gianni Morandi. Ma non aspettatevi di trovarla inserita in una scena d’amore. Ormai lo avrete capito, in Parasite non dovete dare nulla di scontato. Il film di Bong Joon-ho, che ieri sera, dal palco dove ha ricevuto le statuette, ha ringraziato, tra gli altri, Martin Scorsese, e Quentin Tarantino, deve molto anche ai film di Alfred Hitchcock: le scale sono un motivo ricorrente del film, e un altro è il voyeurismo, visto che i personaggi del film guardano attraverso le finestre 14 volte. Nella casa, poi, vediamo velocemente anche una collezione di Hitchcock.

Parasite, distribuito in Italia lo scorso novembre grazie a una felice intuizione di Academy Two e Lucky Red, è appena tornato nelle nostre sale, dal 6 febbraio. E, in occasione di questi fortunati Oscar, arriverà nelle sale anche Memorie di un assassino – Memories Of Murder, il film di Bong Joon-ho del 2003 ancora inedito in Italia: è in uscita il 13 febbraio. Ma le novità non sono finite qui: come aveva fatto una decina di anni fa con Madre, Bong Joon-ho ha realizzato anche una versione in bianco e nero di Parasite: dopo la presentazione all’International Film Festival Rotterdam sta uscendo in alcuni paesi tra cui la Francia. “Penso che tutti i personaggi abbiano un aspetto ancora più toccante e che le distinzioni tra i tre diversi spazi in cui vivono le famiglie, con tutte le sfumature del grigio, siano ancora più tragiche” ha dichiarato il regista. Per ora, in Italia, possiamo vederlo a colori. Ed è una visione da non perdere.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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