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Birds of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn): Margot Robbie balla da sola

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Si scrive Harley Quinn, ma si legge Harlequin, cioè Arlecchino. Sì, il famoso personaggio al centro del nuovo film Birds Of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn), in uscita il 6 febbraio, è ispirato al famoso personaggio della nostra tradizione. E, come un Arlecchino, lo dice la stessa Harley, è un servitore, ha bisogno di un padrone. Il padrone, il personaggio di cui è stata innamorata, o soggiogata, è Joker. All’inizio del nuovo film, che segue, supera (e, in pratica, rinnega) Suicide Squad, la voce narrante della protagonista ci spiega che tra lei e Joker è finita. Harley Quinn è libera. Ma è anche senza qualcuno che la protegga. E per questo è piena di nemici. È una preda, come suggerisce il titolo del film.

La rinascita di Harley Quinn (Margot Robbie) – ma il titolo originale recita “emancipation”, emancipazione, che è un termine molto più significativo – passa per la solidarietà con altre donne, anche loro in qualche modo prede, anche loro in cerca di una loro rivincita e un proprio posto in quel “men’s men’s world” che è Gotham City. Insieme a lei ci sono la Cacciatrice, Huntress (Mary Elizabeth Winstead), figlia del mafioso Franco Bertinelli, e Dinah Lance alias Black Canary (Jurnee Smollett-Bell), dotata di un formidabile urlo sonico. Harley collabora con loro e con la detective del dipartimento di polizia di Gotham Renee Montoya (Rosie Perez) per salvare la giovane Cassandra Cain (Ella Jay Basco), che si è messa nei guai entrando in possesso di un diamante di proprietà dello spietato boss della malavita Black Mask (Ewan McGregor).

Birds Of Prey (e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn), lo avrete capito, è uno di quei film tutti al femminile, è puro girl power, come in voga nella Hollywood post #metoo, come richiede il mercato che, dai cinecomic DC (Wonder Woman) a quelli Marvel (Captain Marvel), passando per le eroine della Disney e la protagonista della nuova trilogia di Star Wars, vuole eroine femminili per un pubblico sempre più al femminile che segue il cinema d’azione e animazione. A completare il tutto qui c’è un tocco femminile in più, perché a dirigere, sulla scia della Patty Jenkins di Wonder Woman, c’è una donna, Cathy Yan, ed è al femminile anche la scrittura, la sceneggiatrice è Christina Hodson.

Ne viene fuori un film colorato, caleidoscopico, esplosivo, ironicamente violento, che ruota intorno a lunghe sequenze di combattimento e d’azione. Il tocco femminile è dato dal punto di vista di Harley Quinn, che connota tutto il film con la sua voce fuori campo. È lei il narratore della storia, ed è lei che seguiamo, mettendoci immediatamente dalla sua parte. C’è, in tutto il film, un’atmosfera anni Novanta, un rifarsi a quei canoni che, 25 anni fa, cambiarono il cinema, la narrazione, i movimenti di macchina: c’è il cinema di Tarantino e quello dei suoi seguaci, ma anche quello del Danny Boyle di Trainspotting. L’unico dubbio che ci viene, guardando il film, è se, per raccontare una storia di emancipazione femminile, la scelta migliore sia prendere questi personaggi e mettere in scena la loro rivincita in modo tutto sommato maschile, menando come fabbri tra botte da orbi, esplosioni, spari. Forse sarebbe stato più interessante vederle risolvere le vicende in modo più femminile, con arguzia, sensibilità, intelligenza. Wonder Woman, per fare un esempio recente, è sì un’eroina che lotta, ma ha un modo tutto suo, tutto al femminile, di porsi rispetto a chi si trova di fronte.

A proposito di Trainspotting, guardate Ewan McGregor, qui nei panni di un villain ironico e sui generis, e chiedetevi quale sia il suo elisir: l’attore scozzese, che proprio lo storico film di Danny Boyle aveva rivelato al mondo, non sembra affatto cambiato, qualche lievissima ruga gli ha solo dato quell’esperienza in più che gli permette di fare ruoli da cattivo senza ridurli – nonostante vengano da un fumetto – a un disegno bidimensionale.

Ma, se parliamo di attori, la copertina non può andare che a Margot Robbie, un’attrice che è entrata nell’immaginario collettivo sin dalla prima apparizione – in minabito e poi in nudo integrale – in The Wolf Of Wall Street, e che, proprio in virtù di quel ruolo, poteva rimanere confinata nel ruolo della pupa bionda, sempre uguale a se stessa. Margot Robbie (sulla scia di altre colleghe australiane come lei, Nicole Kidman e Naomi Watts) si è invece costruita una carriera poliedrica, scegliendo ruoli insoliti e borderline, come la protagonista di Tonya (che ha anche prodotto) e questo ruolo. I capelli colorati, un cuore e una scritta tatuati sul viso, le labbra rosso fuoco di una maschera da fumetto, che però non riescono mai a scalfire e a nascondere il suo sorriso, e quel viso dove tutto – sorriso, occhi, il nasino – sono all’insù e conquistano immediatamente, sono una maschera che, come diceva Oscar Wilde, rivelano invece che nascondere. Dentro Harley Quinn, la sua follia volitiva, il suo coraggio, c’è tutta Margot Robbie, un’attrice che poteva accontentarsi di essere una bellissima star del cinema, e invece ha scelto di regalarci personaggi al limite, sempre diversi, di stupirci a ogni nuova prova. La sua Harley Quinn è un personaggio attualissimo. Per riprendere discorsi di questi giorni, è una donna che ha deciso di ballare da sola, e di non restare un passo indietro rispetto al suo uomo…

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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