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Richard Jewell. Clint Eastwood, l’eroe e il sogno americano

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Vedere Richard Jewell, il nuovo film di Clint Eastwood in uscita in Italia il 16 gennaio, proprio poche ore dopo l’annuncio delle nomination agli Oscar, ha un effetto un po’ straniante. Perché è vero che parliamo di un’annata straordinaria, così ricca di grandi film e grandi attori, che trovare posto nelle nomination dell’Academy non è affatto facile. Ma vedere l’intenso film di Clint Eastwood, che a 89 anni continua a regalarci cinema di qualità altissima, nominato solo per la candidatura di Kathy Bates a miglior attrice non protagonista, ci pare davvero poco. Tra i nove o dieci candidati come miglior film Richard Jewell poteva starci benissimo. Così come avremmo voluto vedere più nominati tra gli attori: tra mostri sacri come Leonardo Di Caprio, Joaquin Phoenix, Adam Driver, Antonio Banderas e Jonathan Pryce non avrebbe mai potuto farcela, ma l’incredibile Paul Walter Hauser che interpreta Richard Jewell qualche riconoscimento lo avrebbe meritato. Poi vi racconteremo chi è.

Ma prima di tutto vi raccontiamo chi è Richard Jewell. Il 27 luglio, ad Atlanta, nel pieno delle Olimpiadi, Richard, addetto alla security, a Centennial Park, dove ogni sera si svolgono feste e concerti, trova uno zaino sospetto sotto una panchina. Dà subito l’allarme, prima sottovalutato, poi finalmente seguito da tutti. Ha ragione lui: dentro c’è un dispositivo pronto ad esplodere. Il tempo per evacuare l’area è pochissimo. Eppure Richard ce la mette tutta per allontanare le persone. Il bilancio è di 100 feriti e 2 morti. Ma senza il suo intervento sarebbe stato molto, molto più pesante. Richard diventa immediatamente un eroe. Ma rimane tale solo per tre giorni. L’FBI inizia a sospettare su di lui: in altri casi era capitato che a dare l’allarme fosse stato lo stesso attentatore. E il profilo di Richard – solo, bianco, frustrato – corrisponde a quello di altri attentatori. La cosa finisce sui giornali. E la sua vita nella bufera. Avrà accanto la madre (Kathy Bates) e un avvocato (Sam Rockwell) che aveva conosciuto molto tempo prima.

Quello di Richard Jewell è stato un caso eclatante di cronaca: un attentato fa sempre sensazione. Ma di Richard Jewell ce ne sono tanti nel mondo, anche se non finiscono sotto i riflettori. Richard è un uomo solo, sovrappeso, goffo. È uno che vuole fare del bene alla gente, vuole portare sicurezza, e a volte eccede. C’è una breve sequenza, nel mezzo del film, che è molto significativa. Dopo l’attentato, tre o quattro corpi di polizia, tra locali e federali, si contendono il caso. Quando la macchina da presa scorre oltre i poliziotti e questi si spostano, dietro vediamo apparire Richard. Lui è quello che viene sempre dopo, che è sempre in secondo piano. Quando l’avvocato gli chiede perché abbia pensato a lui, Richard risponde che, quando lavoravano insieme, era l’unico a non chiamarlo con nomi tipo “palla di lardo” o simili. Richard è quello che vuole far parte di qualcosa e viene lasciato fuori. Che vuole trovare il proprio posto nel mondo e non lo trova.

Guardate il film di Clint Eastwood e notate quante volte Richard dice ai tizi dell’FBI di essere stato nella polizia, di essere un collega, di essere uno di loro. E venire regolarmente snobbato. Per un po’ lo è stato, per un po’ è stato un vigilante, a volte si è finto poliziotto. Per Richard, e per quelli come lui, non è mai facile. Clint Eastwood, raccontandoci la sua storia, non mette in scena solo un curioso fatto di cronaca, ma ne fa un’intelligente parabola sul Sogno Americano, sul quale getta, semmai ce ne fosse ancora bisogno, numerose ombre. Quella ricerca della felicità che deve essere garantita a tutti, quella seconda possibilità che deve essere data a ogni cittadino è qualcosa che è lontana dalla realtà. A quelli come Richard tutto viene negato. E, anche se questa seconda possibilità arriva, deve sudarsela più degli altri.

Perché? Perché Richard Jewell è goffo, è solo, è un po’ mitomane. È buffo. E, probabilmente per questa sua caratteristica, Clint Eastwood per una volta cambia leggermente il tono del suo cinema, che resta sempre caldo, intimo, malinconico, ma qui assume spesso i toni dell’ironia e della commedia. Soprattutto nella prima parte, prima che il film diventi oppressivo come la morsa dell’FBI su Jewell, si sorride, si segue il film sul ritmo di battute sagaci. Se questo è possibile è anche grazie all’interpretazione di quel grande attore che è Paul Walter Hauser. Vi chiederete dove l’avete visto: era uno dei complici dell’agguato a Nancy Kerrigan in Tonya, la storia semiseria di Tonya Harding. Hauser, in quel film, faceva un personaggio che si muoveva sullo stesso spettro di Jewell, ma in modo molto più estremo: un vero mitomane senza alcuna speranza. Richard invece mitomane lo è appena appena, giusto quel poco che lo può far sentire importante, parte di qualcosa. Paul Walter Hauser, in un cinema fatto di divi, di corpi perfetti, è quell’uomo comune che dentro cela il dolore e la frustrazione, è un corpo e un volto che di storie ne può raccontare tante. Accanto a lui ci sono Kathy Bates, nel ruolo della madre di Richard, l’unico personaggio con i piedi ben piantati per terra e una grande empatia, Sam Rockwell, notevole in un ruolo misurato, e Olivia Wilde (è la reporter che lancia la notizia), sexy, volitiva e nervosa. È un grande cast per un grande film.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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