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YESTERDAY. Che mondo sarebbe senza i beatles?

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Che mondo sarebbe senza i Beatles? Rubiamo il motto a una famosa pubblicità per parlarvi di Yesterday, il nuovo film di Danny Boyle, scritto da Richard Curtis, nelle sale al 26 settembre. Che mondo sarebbe senza i Beatles è una di quelle domande retoriche che hanno una sola risposta: sarebbe inimmaginabile. Eppure le mente di Curtis, insieme a Jake Barth, autore del soggetto, ha immaginato che ci possa essere. È quello che accade a Jack Malik (Himesh Patel), un ragazzo inglese di origini indiane che di giorno lavora come magazziniere e la sera si esibisce nei pub cantando le sue canzoni. Che non sono affatto male, ma che nessuno si fila. Jack suona per gli amici o per pochi, distratti, avventori, e anche quando suona in un festival lo fa in una tenda secondaria, davanti a quattro bambini. Una notte, però ha un incidente mentre un blackout toglie la luce per 12 secondi in tutto il mondo. Al risveglio, quando la sua amica, manager e roadie Ellie va a trovarlo all’ospedale, lui le chiede: “Avrai bisogno di me, mi darai ancora da mangiare anche quando avrò 64 anni?” Ma lei non coglie il riferimento a When I’m 64… L’incredulità aumenta quando, davanti ai soliti amici, intona Yesterday: sono attoniti, commossi, come se l’avessero ascoltata per la prima volta. Ed è davvero così. Un po’ come capitava ad Amanda Sandrelli davanti Massimo Troisi nel 1400 in Non ci resta che piangere… Anche Google dà a Jack la conferma: ci sono gli Stones, Bowie, ma non c’è traccia dei Beatles. E nemmeno degli Oasis, il che ha una sua logica….

Non sappiamo come si comporterebbe Google in caso di ricerca per “commedia romantica inglese”, ma sarebbe d’obbligo che, tra i primi risultati, uscisse il nome di Richard Curtis. Lo sceneggiatore inglese è un vero maestro del genere, basti pensare a Quattro matrimoni e un funerale, Love Actually e il gioiello Questione di tempo, da lui anche diretto. È proprio con questo film che Yesterday ha molto in comune. Anche qui, per parlarci d’amore, Curtis crea un paradosso: lì era la possibilità di tornare indietro nel tempo, qui si tratta di passare a un mondo parallelo, dove i Beatles non sono mai esistiti, se non per il protagonista. È un elemento surreale che scatena una serie di incredibili eventi, ma che nel cinema di Curtis è comunque uno stratagemma per parlarci di relazioni, di sentimenti, di rimpianti. In fondo, anche il nostro Jack Malik si troverà, in un certo senso, di fronte alla possibilità di tornare indietro. Anche qui Curtis inserisce questo elemento in maniera naturale, senza bisogno di spiegazioni: in Questione di tempo il viaggio all’indietro era un dono di famiglia, e bastava entrare in un armadio, qui c’è un blackout, un incidente e il gioco è fatto. Si tratta, ovviamente, di stare al gioco. E, con i Beatles di mezzo, è un piacere. Ma di Curtis qui c’è anche altro, come quell’amore che bussa alle porte e non le trova sempre aperte ma, con i suoi tempi, ha anche la possibilità di tornare, come accade in Quattro matrimoni e un funerale.

Yesterday, come è stato detto, è più un film di Richard Curtis che di Danny Boyle. Il regista inglese, rispetto ad altri film che ha diretto, qui fa un passo indietro e si mette al servizio della storia. Anche se è un film meno personale, è forse il suo film più positivo e ottimista dopo The Millionaire, un’altra favola. A suo agio con la musica rock (ricordate Iggy Pop e Lou Reed in Trainspotting?), ovviamente Boyle si diverte, condendo anche il film con un paio di corse a perdifiato, proprio come quella di Ewan McGregor che apriva Trainspotting. Boyle si leva qualche sfizio, come qualche inquadratura sghemba nelle sequenze del Latitude Festival, o come nascondere Ed Sheeran dietro a un gioco di vetrate. Dopo aver solo sfiorato la direzione di 007 (ha diretto Daniel Craig solo nel corto per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Londra, mentre ha rinunciato a dirigere l’ultimo Bond) gli capita ora di custodire un altro simbolo della Cool Britannia nel mondo, come i Beatles. Lo fa con cura, anche con qualche sequenza non proprio bella (la stanza virtuale dove Jack assiste alla sua esplosione mediatica o la scritta Hello Goodbye che appare mentre i protagonisti ballano in un tunnel), ma il suo sguardo è evidentemente divertito e divertente. E anche affettuoso: il Jack di Himesh Patel potrebbe essere il fratello maggiore del Dev Patel del suo The Millionaire.

Ma se la storia di Curtis e Boyle ci arriva è anche merito del volto di Lily James, una di quelle bellezze discrete e cariche di dolcezza che ci fanno amare i personaggi che interpretano. È lei che rende credibile il rimpianto di Jack, che la conosce da vent’anni e non si è mai dichiarato, è lei che porta sullo schermo una delle idee di scrittura più belle del film, quella “colonna di…” a cui capita di venire incasellati: chiamatela la colonna di amici buffi, o quella di amica manager rodie, fatto sta che non è quella del grande amore. Non è capitato forse a tutti noi, in qualche momento della nostra vita, di trovarsi nella casella sbagliata? Richard Curtis è anche questo, ed è da questi particolari che si vede un grande scrittore.

Tra questi particolari c’è la scelta di inserire Help nel momento clou del film, quello del lancio del disco di Jack, quello in cui, come i Beatles, si trova su un tetto per presentare le sue canzoni, e sceglie proprio quella che John Lennon scrisse come grido di aiuto, all’apice della Beatlemania e dello stress da successo. Yesterday, in fondo, è anche una riflessione sul music business di oggi. Sul fatto che, anche se bellissime, le canzoni di un artista, per arrivare, abbiano anche bisogno di un’attenzione, di riflettori e amplificatori (qui è Ed Sheeran a fare da trampolino di lancio per Jack). E che ci siano strategie di marketing che possano anche non capire le canzoni, non adattarsi a certi strani nomi, a banalizzare tutto. Se oggi titoli come Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band o Abbey Road non sarebbero ritenuti adatti a un disco, viene da chiedersi: sarebbero possibili oggi i Beatles, e tutto quello che hanno significato? La risposta è sempre quella, che un mondo senza Beatles non potrebbe esistere. Ma qualche dubbio su quello che sarebbe il loro posto nel mondo oggi ce l’avremmo. In ogni caso, vedere un film come questo giocare su di loro e sulla loro assenza, ci fa capire ancora di più quanto siano grandi.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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