Cine Mood

J’accuse – L’ufficiale e la spia: l’affare Dreyfus diventa grande cinema grazie a Roman Polanski

Published

on

Ogni volta che Roman Polanski si mette dietro la macchina da presa, è una sentenza. Di grandezza, di eleganza. J’accuse – L’ufficiale e la spia, in concorso a Venezia 76, conferma questa regola. Il maestro francese, infatti, mantiene intatta la forza del suo cinema nel portare sullo schermo la storia dell’affare Dreyfus, da tutti conosciuta grazie a reminiscenze scolastiche, ma da pochi approfondita nei particolari e osservata nella prospettiva della sua importanza storica.

Polanski narra le vicende del capitano ebreo dello stato maggiore Alfred Dreyfus (interpretato da Louis Garrel), accusato di alto tradimento, condannato e poi imprigionato sull’isola del diavolo nella Guyana, mettendone in evidenza la grandissima attualità, rintracciando e rimarcando in esse i germi di quell’antisemitismo poi sviluppatosi in Europa nel Ventesimo secolo. Un’operazione che ha dunque anche un sapore “didattico” e che vuole imporsi come monito per una considerevole riflessione sociopolitica sull’attualità, ma che prima di tutto è grande cinema, cinema puro. Un cinema d’altri tempi, in cui il regista, con una, messa in scena avvolgente ma essenziale e con una scrittura didascalica ma mai retorica si concede alla storia, facendola propria ma senza mai fagocitarla nel suo stile.

Con estremo rigore estetico, Polanski muove così la macchina da presa mettendola al servizio dei suoi personaggi, dei dialoghi, delle svolte narrative, attestandosi sui codici del film storico, ma rielaborando il genere e trasportandolo sui binari del thriller politico. Osservando i fatti non dal punto di vista del capitano Dreyfus ma da quello del colonnello Georges Picquard (un sempre convincente Jean Dujardin), che rimette in discussione la condanna, L’ufficiale e la spia scorre soavemente sullo schermo, segue passo passo gli eventi storici facendo la cronaca di una delle più grandi ingiustizie della storia moderna.
C’è dunque poco di romanzato nel film, eppure il racconto procede con un ritmo incalzante, scandito dai tempi di una vera e propria detection, condotta con determinazione e austerità dal protagonista. Ad impreziosire il tutto, la solita ironia polanskiana e soprattutto quell’indagine del Male che, in alcuni casi sottotraccia, in altri più esplicitamente, caratterizza da sempre la poetica del regista francese.
Lucrecia Martel potrà anche non riuscire a “separare l’uomo dall’artista”, ma difficilmente potrà rimanere indifferente di fronte ad un’opera così potente. O almeno, lo speriamo.

di Antonio Valerio Spera

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Click to comment

Trending