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Ad Astra: Brad Pitt nello spazio alla ricerca del padre (e di se stesso)

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E’ stata una sfida per tutti questo film. E’ una pellicola che opera su molti fronti e che ha molto da dire, si pone domande sulla nostra esistenza, sull’animo umano, sul perché di tante cose. Sono davvero curioso della reazione del pubblico”. Così Brad Pitt ha presentato il fantascientifico Ad Astra. Uno dei titoli più attesi del concorso di questa edizione – forse il più atteso insieme al Joker con Joaquin Phoenix – il nuovo film dell’americano James Gray doveva arrivare nelle sale già lo scorso maggio – cosa che aveva lasciato presagire una partecipazione al Festival di Cannes – ma poi per vari motivi, compresa la necessità di una postproduzione più lunga, l’uscita è slittata ed il film è approdato in Laguna in anteprima mondiale.

Atipico prodotto di fantascienza ambientato, come recitano le didascalie dell’incipit, in un “futuro prossimo”, Ad Astra è un’opera complessa, dalla sontuosa superficie e dalla stratificata profondità, che gioca elegantemente con i generi cinematografici e che indaga nei meandri dell’animo umano. James Gray, che nella sua filmografia ci ha regalato dei preziosi, in alcuni casi indimenticabili, affreschi di umanità e sentimenti (da Little Odessa a C’era una volta a New York, passando per I padroni della notte), con Ad Astra riprende esplicitamente, come aveva fatto Coppola con Apocalypse Now, Cuore di tenebra di Joseph Conrad, lo porta nello spazio e ci regala un lento e graduale viaggio nella memoria e nelle ferite di un uomo alle prese con il suo passato e con le scelte per il suo futuro. Un percorso psicologico che si fa anche indagine dello spazio, del tempo e che conduce una riflessione su classici topoi narrativi come la hybris. Il risultato è una grande epica greca, come l’ha definita l’attrice Ruth Negga, presente anche lei al Lido ad accompagnare il film. D’altronde alla base del film c’è propria la volontà di Gray di rielaborare il mito. “Qualcuno dirà che con questo film ho inventato l’acqua calda – ha commentato il regista – ma io amo i temi che non hanno tempo, io credo nella forza del mito, ed è per questo ho scelto degli elementi archetipici”. Gray ha poi aggiunto: “Lo spunto per questa storia mi è venuto leggendo una scritta su un muro ad una mostra – la storia e il mito iniziano sempre nel microcosmo del personalee noi abbiamo voluto fare quest’operazione, cioè raccontare un microcosmo portandolo nel macrocosmo”. Il microcosmo in questione è l’astronauta Roy McBride (Brad Pitt), con i suoi sopiti conflitti interiori, inviato nello spazio, nel macrocosmo appunto, per ritrovare il padre (Tommy Lee Jones) creduto morto da anni ed invece, a quanto pare, nascosto nel lontano pianeta Nettuno.

Spogliando la messa in scena e la narrazione del respiro e dell’azione tipici della fantascienza, e riconducendo il suo stile soprattutto verso autori come Kubrick e Malick, il regista si concentra principalmente sulla figura di McBride e avvolge il suo lunghissimo viaggio nei sogni e nei ricordi, nei rimpianti e nelle speranze. “Per questo ho puntato molto sui primi piani – ha spiegato il regista – perché i primi piani consentono di vedere dentro l’attore, di scovare la verità. E’ il potere della macchina da presa”.

Un potere che Gray sa gestire benissimo, tanto da ottenere un’opera ipnotica, che scorre sì con un ritmo compassato ma che travolge lo spettatore in un affresco di emozioni e di suggestioni visive. “Credo che James sia all’apice della sua capacità narrativa”, ha detto convintamente Brad Pitt. “Mi piaceva questa narrazione sottile e delicata e sono molto contento dell’equilibrio che abbiamo trovato. Quello che voleva fare mi intrigava molto, come uomo, come padre e come figlio.” E sicuramente anche come attore – aggiungiamo noi – perché Pitt, con questo film, ci regala una delle sue migliori interpretazioni, con quel suo sguardo impassibile, freddo, glaciale, che si va gradualmente sciogliendo insieme ai suoi nodi interiori man mano che prosegue il suo viaggio verso l’ignoto. Una performance ricca di profonde sfumature che si sposa perfettamente con l’anima del film.

di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it

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