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Roma. A Venezia 75 arriva il nuovo e commovente film di Alfonso Cuarón

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Non è facile trovare le parole giuste per parlare di un film come Roma. Forse perché non c’è una vera trama o più semplicemente perché nessun termine è in grado di riportare per iscritto il vortice di emozioni che per 135 minuti ha tenuto incollati alle poltrone i 1400 spettatori presenti in Sala Darsena.

Accantonati i toni distopici di Figli degli uomini e le ambientazioni spaziali di Gravity (presentato in apertura proprio qui a Venezia nel 2013) Alfonso Cuarón torna con il lavoro più personale della sua carriera, in grado di farci riassaporare le atmosfere di Y tu mamá también rivisitate però in chiave neorealista.
Parte dai suoi ricordi il regista messicano, dalle conversazioni intrattenute durante l’infanzia con la sua bambinaia. È destinata a lei la dedica in sovraimpressione nel finale ed è lei la protagonista della successione di immagini dalla bellezza disarmante volte a riprodurre sullo schermo la memoria dell’autore.

Dopo aver ricostruito in maniera quasi maniacale quella che fu la sua casa e il suo quartiere (Colonia Roma di Città del Messico, da cui il film prende il nome) il regista ha riunito un cast composto da professionisti e non, ai quali non ha mai consegnato lo script per intero ma solo poche pagine giorno per giorno. Una scelta coraggiosa che sottolinea la volontà di donare a Roma la naturalezza necessaria a riprodurre quella che prima di essere una storia è innanzitutto uno spaccato di vita, di Cuarón e del Messico in generale.

Il 1971 infatti non è solo l’anno in cui il padre se ne andò di casa lasciando sola la moglie con quattro figli ma è anche tristemente ricordato per il massacro del Corpus Christi, una violenta repressione per le strade della città ai danni degli studenti. In quel clima così turbolento Cleo (interpretata da Yalitza Aparicio) conduce una vita semplice che bene si adegua alla sua personalità mite: si prende cura della dimora e dei bambini della famiglia borghese presso cui lavora, la sera va al cinema e si innamora di un suo coetaneo; sarà proprio quest’ultimo evento, dalla banalità estrema, a costituire un punto di svolta. Dopo aver scoperto di essere incinta infatti Cleo viene lasciata sola dal suo ragazzo e l’unica alternativa che le rimane è quella di rifugiarsi nel calore dell’affetto della padrona di casa (a sua volta lasciata dal marito) e dei suoi figli che nel frattempo sono diventati per lei una vera famiglia.

È qui che Roma mette in scena la sua anima più intima e pura mostrando il vero intento del regista che con la sua pellicola non intende solo dar vita ad un personalissimo amarcord ma vuole scrivere una lettera d’amore alle donne che l’hanno cresciuto facendolo diventare l’uomo che è oggi. Cleo, la madre Sofia (interpretata da Marina de Tavira) e la nonna materna uniscono le loro forze per affrontare le sfide che la vita ha posto sul loro cammino in un inno al matriarcato dove gli uomini sono bugiardi, violenti e traditori.
Attraverso la sua regia Cuarón costruisce un racconto in grado di trasformare la normalità del quotidiano in qualcosa di straordinario. Il luminoso bianco e nero digitale e i lenti piani sequenza – tipici del suo stile – donano alle immagini un carattere sontuoso tale da rendere impossibile non rimanere colpiti da tanta maestria nell’uso della macchina da presa e nella realizzazione degli scenari (oltre alla scenografia, degno di nota anche l’universo sonoro – ricco di suoni e rumori di sottofondo – che imprime anche sotto il profilo acustico l’intento del regista di vestire la sua pellicola più con la verità che con la fiction). Fotogramma dopo fotogramma Roma coinvolge il pubblico in un viaggio nella memoria del regista avvolgendolo in un sinuoso turbine dalla potenza emotiva disarmante, imponente e struggente.

Alla faccia di chi ha accusato la manifestazione di essere maschilista, lo stesso Festival risponde con un film che celebra l’universo femminile e, lungi dall’azzardare pronostici relativi al Leone d’Oro, non esageriamo nell’indicare Roma come il progetto migliore realizzato da Cuarón (qui in veste anche di sceneggiatore, montatore e direttore della fotografia) il quale si riconferma nuovamente un autore dall’estrema sensibilità stilistica in grado di affrontare qualsiasi genere.

Photo Credits: @MatteoMignani

di Marta Nozza Bielli per DailyMood.it

 

 

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