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Ant-Man and The Wasp ci porta sul pavimento dove giocano i bimbi

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Ma voi dovete per forza mettere la parola quantistico in ogni frase”? è una battuta che pronuncia Paul Rudd, nei panni di Ant-Man, in una delle tante, esilaranti scene del secondo film dedicato al personaggio, Ant-Man and the Wasp, in uscita il 14 agosto. Sì, perché, di fisica quantistica non possiamo dire di capirne molto neanche noi, né gran parte del pubblico che vedrà il film. Ma niente paura: basta capire che, grazie ad essa, Hank Pym (Michael Douglas) ha messo a punto una tecnologia in grado di rimpicciolire una persona e renderla simile a una formica. Ma non finisce qui: può anche farla diventare infinitamente piccola, e farlo entrare in spazi per noi impensabili. Ci avevano detto che Ant-Man era agli arresti domiciliari, in Avengers – Infinity War. Ed è qui che troviamo Scott Lang (Paul Rudd), alter ego di Ant-Man, con la figlia di dieci anni, confinato in casa mentre cerca di passare il tempo e di farla divertire. Sarà costretto ad uscire da quella casa, per raggiungere Hank e la figlia Hope van Dyne (Evangeline Lilly), destinata a diventare Wasp: i due sono alle prese con un problema. Piccolo… cioè grande…

Non fatevi spaventare dalla parola quantistico. Nonostante venga pronunciata tante volte, per dare una base tecnologica plausibile (quanto lo sia davvero, non possiamo dirlo) alla fantasiosa e pirotecnica storia di Ant-Man, il film è spassoso. Merito di una scrittura vivace e di un attore fin qui piuttosto sottovalutato, Paul Rudd. Nella sua mimica facciale, nel suo essere un pesce fuor d’acqua – potremmo definirlo un attore da commedia tra tanti attori drammatici o d’azione – nel mondo dei supereroi, nel suo understatement, c’è tutto il tono di Ant-Man and the Wasp: non un film comico, ma una commedia brillante. Per capirsi, più brillante di un Iron Man, ma non ai livelli della comicità spinta, e spesso forzata, di un Thor: Ragnarok (gli sceneggiatori si sono ispirati alle atmosfere di certi polizieschi tratti da Elmore Leonard, come Get Shorty e Out Of Sight, e tra i due protagonisti ci sono scintille del cinema della Guerra dei sessi anni Quaranta). Quando si tratterà di far rientrare Ant-Man negli Avengers, non sarà facile amalgamare il tutto. Ma, se sono riusciti ad amalgamare i Guardiani della Galassia con i toni dark di Avengers – Infinity War, tutto è davvero possibile. A proposito, Ant-Man And The Wasp si svolge immediatamente prima, e durante i fatti di quel film. Lo capirete guardando la prima delle scene dei titoli di coda (non perdetevela). E, proprio la fisica quantistica potrebbe essere la chiave per risolvere la situazione in cui eravamo rimasti alla fine dell’ultimo film degli Avengers

Avete mai sognato, da bambini, di avere il potere di ingrandire o rimpicciolire non solo voi stessi, ma qualsiasi oggetto, con uno schiocco delle dita? Ecco, in Ant-Man and the Wasp è come se fosse stata data in mano a un bambino una bacchetta magica in grado di ingrandire o miniaturizzare qualsiasi cosa. “I poteri di Ant-Man possiedono un elemento infantile: ti trasportano sul pavimento dove i bambini giocano con i pupazzi” ha dichiarato il regista Peyton Reed. E gli esiti sono esilaranti: gli automezzi diventano delle macchinine giocattolo, il laboratorio diventa una casa da bambole portatile: ma tutto è perfettamente funzionante. Anche se non tutto funziona al momento giusto. E tutto il film è una lunga gag sul non essere al posto giusto nel momento giusto, o la persona giusta per l’azione giusta. È un film che vive di contrasti: quello tra grande e piccolo, ma anche quello tra giusto e sbagliato, tra eroico e quotidiano, tra serio e faceto.

Detto della rivelazione Paul Rudd, che funzionava già nel primo Ant-Man ma qui è in grande spolvero (diventerà un cult la scena in cui presta il corpo e l’identità a un personaggio femminile), fanno una gran bella figura Michael Douglas, Evengeline Lilly e una Michelle Pfeiffer che, a differenza di altre colleghe, accetta di invecchiare, ed è bellissima proprio per questo. Ma la vera rivelazione è Michael Peña, attore fin qui utilizzato per lo più in ruoli drammatici, che è una perfetta spalla per i protagonisti, ed è presente in tutte le scene più divertenti del film (altro momento cult: il racconto con il siero della verità). Se la morale del film è piuttosto scontata, e può essere riassunta nel “non devi essere grande per fare grandi cose” (corollario al “da grandi poteri derivano grandi responsabilità” marvelliano), è proprio Luis, il personaggio di Peña che, nel mezzo dell’azione dei supereroi, confessa il suo desiderio: “vorrei tanto una tuta, anche una tuta con poteri limitati.. anche una tuta senza poteri…”. È una frase che dice tanto, che racconta tutto il nostro bisogno e il nostro desiderio di essere (super)eroi. Anche solo per un giorno, come diceva David Bowie…

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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