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Atlanta. La serie tv di Donald Glover che tutti dovrebbero vedere

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C’è una serie tv negli Stati Uniti che negli ultimi due anni ha mandato in visibilio la critica. In termini di pubblico è ancora di nicchia, ma tutti coloro che l’hanno guardata non possono fare a meno di contenere l’entusiasmo. Donald Glover – il suo creatore, nonché attore protagonista, sceneggiatore e regista di alcuni episodi – è una personalità conosciuta e apprezzata già da qualche anno negli States, grazie anche ai tre album pubblicati con il nome d’arte Childish Gambino, che gli hanno permesso di conquistare diverse nomination ai Grammy fino alla vittoria ottenuta qualche mese fa come Miglior Performance R&B. Ma è con il video del suo ultimo singolo This is America che ha raccolto milioni di visualizzazioni e finalmente tutto il mondo ha scoperto il suo talento. Il piano sequenza girato da Hiro Murai (uno dei suoi fidati collaboratori) è un flusso di simbolismo e denuncia dell’incoerenza americana.

Ed è proprio su questa denuncia che si basa Atlanta (la comedy targata FX in questione) lo show con cui Glover ha raggiunto il punto massimo della sua espressione artistica e della sua carriera, iniziata nel 2006 come showrunner per Tina Fey e il suo 30 Rock e proseguita come attore nel cast principale di un’altra commedia apprezzatissima dal pubblico, Community.
La capitale della Georgia dà il titolo alla serie e offre lo scenario perfetto per la storia, essendo la culla della cultura hip hop e la città con la percentuale maggiore di popolazione afroamericana; qui Earn (Glover) dopo aver abbandonato Princeton cerca un lavoro che possa garantirgli di mantenere sé stesso e la figlia avuta con Van (Zazie Beetz, vista di recente al fianco di Ryan Reynolds in Deadpool 2). Quando scopre che il cugino Al (Bryan Tyree Henry), uno spacciatore locale, sta avendo successo come rapper su Youtube, Earn decide di proporsi come suo manager e i due, insieme al fidato amico Darius (Keith Stanfield) tentano la scalata al successo.

Fin dalla prima stagione, l’obiettivo di Donald Glover con Atlanta era quello di mostrare cosa significa essere neri negli Stati Uniti e stupisce come si sia deciso di utilizzare il genere della commedia per sviluppare un’analisi di questo tipo, tanto importante nell’era di Trump e della blackness che da qualche anno sta cambiando le carte in tavola ad Hollywood (dagli #oscarsowhite del 2016 fino al successo al botteghino mondiale del cinemcomic Black Panther). Ma la comicità di Glover non risiede in battute demenziali o personaggi strampalati, ma piuttosto in un umorismo sottilissimo e pungente che nasce dalle situazioni al limite dall’assurdo create dai protagonisti o in cui questi si ritrovano, che vengono sfruttate per prendersi gioco degli stereotipi razzisti con cui la comunità di colore entra in contatto quotidianamente.
Con Atlanta le risate a crepapelle spariscono per lasciare spazio ad una narrazione intelligente costruita su un realismo a tratti spietato che spesso lascia lo spettatore allibito a chiedersi se quello che sta guardando sta succedendo davvero. Forte di una scrittura senza sbavature e di ottime interpretazioni da parte di tutti gli attori coinvolti, lo show si distingue dalla concorrenza anche per il suo saper sperimentare, senza la paura di prendere scelte troppo azzardate rispetto a quanto già visto in tv con il rischio di non essere comprese; l’obiettivo della denuncia è sempre lì, ma la creatività non viene messa in secondo piano, anzi. La scelta già adottata nella prima stagione di comporre la trama principale attraverso degli episodi autoconclusivi, nella seconda stagione (intitolata Atlanta Robbin’ Season, in onda dal 17 maggio su Fox Italia) viene amplificata e da una parte propone puntate concentrate su un personaggio alla volta che permettono di approfondire la psicologia dei protagonisti e il loro percorso di crescita e cambiamento, dall’altra regala una sequela di episodi letteralmente memorabili in grado di ridefinire il genere e riducendo il confine che separa la commedia dal dramma.

Atlanta ha trovato una strada non ancora battuta che gli permette di essere unica nel suo genere, e grazie al suo linguaggio (talmente irriverente da non aver bisogno di fare affidamento a toni eccessivi) racconta uno spaccato della società americana troppo spesso tenuto nascosto dietro un falso perbenismo che invece esiste e deve essere affrontato.
Dopo il grandissimo successo ottenuto con la prima stagione ai Golden Globe e agli Emmy Awards, non ci resta che scoprire se anche questa volta Atlanta farà incetta di premi, in attesa della terza stagione confermata qualche giorno fa da FX. E del prossimo colpo di genio di Donald Glover/Childish Gambino, ovviamente.

di Marta Nozza Bielli per DailyMood.it

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