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Festival di Cannes: Palma d’oro giapponese, ma l’Italia fa festa

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Con la Palma d’Oro al film giapponese Shopfilters del maestro Kore-eda Hirokazu si è conclusa la 71a edizione del Festival di Cannes. Un’edizione, come avevamo già sottolineato in apertura, che ha preso il via tra le polemiche sul “bando” anti-Netflix e quelle per il divieto di selfie sul red carpet (nonché per la cancellazione delle proiezioni anticipate per la stampa), ma che è poi proseguita sotto il segno del grande cinema. Per chi era presente sulla Croisette nei 12 giorni di festival, è stata infatti una delle migliori edizioni degli ultimi anni, soprattutto per la qualità dei film in selezione. Un livello cinematografico alto, con alcune vette, raggiunto anche grazie ai titoli italiani in programma. Il nostro cinema, infatti, non si è semplicemente “difeso” durante la kermesse, ma ne è uscito a testa alta, da vincitore. Euforia di Valeria Golino non ha ricevuto premi nella sezione Un Certain Regard ma è stato accolto con entusiasmo; la commedia di Gianni Zanasi, Troppa grazia, ha vinto alla Quinzaine des realisateurs il Label di Europa Cinemas; La strada di Samouni di Stefano Savona ha ricevuto l’Oeil d’Or come miglior documentario del Festival; e, soprattutto, i due film in concorso, Dogman di Matteo Garrone e Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, pur non portandosi a casa la Palma d’Oro (che per molti, comunque, non sarebbe stata affatto immeritata) sono entrati entrambi nel palmàres finale. La Palma per il miglior attore è andata infatti a Marcello Fonte, sorprendente protagonista del noir ispirato alle vicende del canaro della Magliana. «Un po’ Buster Keaton, un po’ Charlot», come l’aveva definito Garrone, Fonte è stato acclamato dalla stampa internazionale e ha stregato la giuria presieduta da Cate Blanchett. Premiato sul palco della sala Lumière da Roberto Benigni, che ha fatto ridere la platea con il suo divertentissimo francese, l’attore ha commosso tutti con le sue parole: «quando abitavo in una baracca e sentivo la pioggia cadere sopra le lamiere mi sembrava di sentire gli applausi. Adesso quegli applausi siete voi. E io sento il calore di una famiglia. Mi sento a casa, la mia famiglia è il cinema».
Al film della Rohrwacher, regista che aveva già vinto il Grand Prix a Cannes per il suo Le meraviglie, è andato invece il riconoscimento per la miglior sceneggiatura, ex aequo con 3 Faces dell’iraniano Jafar Panahi. «Grazie a tutti quelli che mi hanno permesso di realizzare questo film con questa sceneggiatura così bislacca e hanno preso seriamente il mio script», ha dichiarato l’autrice. «Grazie soprattutto ad Adriano, Lazzaro del film, che ha deciso di buttarsi in questa avventura».
In un’edizione molto al femminile, segnata evidentemente dal movimento #metoo (da menzionare, a riguardo, l’intervento di Asia Argento contro Harvey Weinstein durante la premiazione), la nostra Alice Rohrwacher era una delle tre registe donne presenti nel concorso ufficiale. Con lei c’erano anche la francese Eva Husson e soprattutto la libanese Nadine Labaki, che con il suo Capharnaum sulla tragedia dei migranti è riuscita ad aggiudicarsi il Premio della giuria. Prima della cerimonia di chiusura, il film sembrava in pole per la Palma d’Oro, ma a vedere la griglia dei premi principali a contendersi sino all’ultimo il riconoscimento maggiore con il giapponese Kore-eda sembrano esser stati altri titoli: il polacco Cold War del premio Oscar Pavel Pawlikowski, che ha vinto la Palma per la miglior regia; la commedia anti-Trump del grande Spike Lee, Blackkklansman, ispirata alla vera storia di Ron Stallworth, che nel 1972 s’infiltro con un collega nel Ku Klux Klan, che ha ottenuto il Grand prix; ed infine Le livre d’image dell’eterno maestro Jean-Luc Godard che, dopo aver sorpreso tutti nei giorni scorsi partecipando alla conferenza stampa tramite uno smartphone e FaceTime, è stato premiato con una Palma speciale, che a molti è sembrata più che altro un premio alla carriera. «Dopo aver visto il film, non riuscivamo a smettere di parlarne», ha affermato in seguito Cate Blanchett. «È rimasto con noi per tutto il Festival. E’ un film che suscita sorpresa, emozioni, a tratti anche collera. Godard è un autore che non smette mai di sperimentare e di pensare il futuro. Ma questo premio non è una Palma alla carriera», ci ha tenuto infine a precisare.
I verdetti della presidentessa Blanchett e dei suoi colleghi non devono essere stati semplici, data la qualità delle pellicole in gara, ma il clima festoso che ha avvolto questa edizione avrà di certo reso piacevole il loro lavoro durante i giorni della kermesse. A dare la cifra dell’atmosfera del festival, il concerto di Sting e Shaggy, che hanno cantato sulla Montèe de Marches a fine cerimonia. Una chiusura in grande stile, cose che solo a Cannes si possono vedere. À la prochaine.

di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it

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