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I primitivi: quegli sgraziati, irresistibili pupazzi della Aardman

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Bisogna stare attenti, con questi della Aardman Animations, la casa di produzione inglese specializzata in stop motion, che arriva al cinema con il suo nuovo film, I primitivi, nelle sale dall’8 febbraio. Sì, perché, con il punto di vista dell’addetto ai lavori, qualche anno fa avevo liquidato un loro film, Pirati! Briganti da strapazzo, come un film troppo “colto”, destinato a essere capito per lo più da adulti. Una volta diventato papà, e averlo visto con mio figlio Matteo, tre anni all’epoca, ho notato come si divertisse come un matto. E lo stesso fa Sofia, che ha tre anni e lo sta vedendo per le prime volte. Quindi: I primitivi, mi sono detto, devo guardarlo con gli occhi di un bambino. Fatto. La storia è questa: nella notte dei tempi, da qualche parte vicino Manchester, Dag e la sua tribù vivono nell’Età della Pietra, la loro è una vita tranquilla che scorre dando la caccia ai conigli (i mammuth no, è troppo pericoloso). Fino a che, nelle loro vite, irrompe l’Età del Bronzo, con il perfido Lord Nooth, signorotto che caccia la tribù dalla propria valle per creare una miniera ed estrarre i preziosi minerali su cui si fonda la sua città. Addentrandosi proprio in questo luogo, Dag scopre lo stadio, e il calcio. E finisce per proporre una sfida: una partita di calcio tra la sua tribù di primitivi e la squadra cittadina di Lord Nooth, il Real Bronzio, dalla quale dipenderà la sorte della sua valle e della sua tribù.

Parliamo di bambini non a caso. Se non lo sapete, quelli della Aardman sono i maestri della stop motion: caso più unico che raro oggi, non creano i loro personaggi al computer, ma li costruiscono in mesi e mesi di lavoro con plastilina e altri materiali organici, li muovono e li fotografano ad ogni mossa. E in questo modo certosino hanno le loro immagini in movimento. Le loro creature sono reali, tangibili. E sono qualcosa di unico: occhi sporgenti, dentoni, nasi a patata o suini, baffi e capelli ispidi. Sì, sono sgraziati, eppure tenerissimi e irresistibili. I film della Aardman sono da vedere e rivedere, molte volte, perché i personaggi, e i set dove si muovono, anch’essi reali (solo lo stadio e il pubblico, stavolta, sono stati ricreati al computer, sarebbe stato impossibile creare materialmente centinaia di comparse), sono ricchi di particolari, dettagli, riferimenti. E così, anche le storie sono piene di battute per nulla scontate.

I primitivi gioca con quegli anacronismi low tech che eravamo abituati a vedere ne I Flintstones (come un insetto usato alla stregua di un rasoio elettrico), e si prende la libertà, per questioni narrative, di saltare con facilità tra due ere (cosa che, per lo stesso motivo, fa anche la saga de L’era glaciale). Essendo un prodotto orgogliosamente british si gioca una delle carte di questa cultura, il rock (ascoltiamo i Kaiser Chiefs e The Vamps, dove nel film sui pirati si sentivano i Clash e i Supergrass), e il calcio: stadi, palloni, porte, spogliatoi ante litteram permettono una serie di gag potenzialmente infinite. Ed essendo uno studio che è ormai nella storia del cinema (d’animazione e non solo) si permette anche di giocare con l’immaginario della Settima Arte, ammiccando (ma senza citare apertamente com’è di moda oggi) a film come Il Gladiatore e alla preistoria di 2001: Odissea nello spazio, e anche alle scene di allenamento nella natura selvaggia di Rocky IV. Oltre che all’epica di Fuga per la vittoria.

Dal punto di vista dei personaggi, le dinamiche tra Dag e il suo cinghiale Grugno (che in realtà è un animale da compagnia) richiamano quelle della storica coppia comica Wallace e Gromit, con l’animale che spesso supera in inventiva il padrone. Fate attenzione, perché questo cinghialetto sarà il nuovo idolo dei vostri bambini… e anche il vostro. Se, dal punto di vista del doppiaggio, Riccardo Scamarcio aggiunge poco al protagonista Dag, e Paola Cortellesi dà una bella voce alla protagonista femminile, Ginna, le maggiori sorprese arrivano da Salvatore Esposito, che doppia Lord Nooth con un originale e immaginario accento nordico che ci ha fatto pensare al Professor Kranz di Paolo Villaggio. A proposito di Ginna, il suo personaggio permette al film di fare un salto verso l’attualità: la possibilità che una donna possa fare un “lavoro” maschile (in questo caso il calciatore) e avere le stesse opportunità è un piccolo aspetto in più che rende il film speciale. È un piccolo, grande sottotesto, che si aggiunge al messaggio principale del film, quello che per vincere occorre fare squadra, stare uniti. Devo stare attento, con la Aardman. Anche se, guardando il film, mi è sovvenuto il dubbio che fosse un gradino al di sotto di altri capolavori, sono sicuro che sarà l’ennesimo colpo della casa britannica. Aspetto di vederlo con Matteo e Sofia, tra qualche giorno, e vi saprò dire cosa ne pensano loro. Stay tuned!

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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