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Golden Globes: il potere delle donne

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Previsioni rispettate e qualche sorpresa. Come sempre, insomma. Di certo, però, le scelte della Hollywood Foreign Press sembrano aver seguito una strada coerente con il clima che si sta vivendo in questi tempi nel mondo del cinema. Non è un caso, infatti, che i maggiori protagonisti della 75a edizione dei Golden Globes siano stati proprio quei film che nel 2017 ci hanno raccontato forti storie di donne. A vincere nelle categorie principali, miglior film drammatico e miglior commedia, sono stati Tre manifesti a Ebbing, Missouri di Martin McDonagh e Lady Bird, opera prima di Greta Gerwig. Il primo, presentato con successo all’ultima Mostra di Venezia, dove ottenne anche il riconoscimento per la miglior sceneggiatura, racconta la lotta di una madre alla disperata ricerca di giustizia per il delitto della figlia. Il secondo, invece, è un teen drama al femminile, una storia di formazione che vede protagonista il rapporto turbolento tra una ragazza e sua madre.

Dalla competizione, l’Italia ne è uscita purtroppo a mani vuote. Sebbene non ci fosse un titolo italiano nella cinquina del miglior film straniero, il nostro cinema era rappresentato alla grande da Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino (da mesi osannato oltreoceano e in arrivo nelle nostre sale solo a fine gennaio) e dalla splendida Helen Mirren, mostro sacro del cinema british ma in questo caso candidata per il suo ruolo da protagonista in Ella & John – The Leisure Seeker di Paolo Virzì.

La cerimonia, tenutasi al mitico Beverly Hilton Hotel di Los Angeles, è stata condotta dal comico Seth Meyers. E’ stato lui, quindi, ad introdurre il pubblico con il giusto sarcasmo all’atmosfera della serata. Una serata di cinema e di festa, ovviamente, ma scandita se non dominata dalla tematica delle molestie e dal women’s power, con tutte le donne presenti vestite di nero per manifestare l’indignazione contro gli abusi sessuali. Meyers ha ironizzato su Harvey Weinstein, Kevin Spacey e Woody Allen, e ha “aperto le danze” con un “Buonasera, signore e signori… quelli che restano!”.

Nella notte che quindi verrà ricordata per l’attivismo femminista, il discorso più importante, e che è sembrato a tutti un vero e proprio manifesto politico, è stato quello di Oprah Winfrey. La “black star” dello spettacolo americano che, a detta di molti, potrebbe essere la candidata democratica alle elezioni del 2020, è stata insignita del premio Cecil B. De Mille alla carriera. Nel suo lungo speech, accolto da un’inevitabile standing ovation, la Winfrey ha parlato di misoginia, delle molestie sessuali e degli scandali dei corridoi hollywoodiani. Ha ricordato Sidney Poitier, “l’uomo più elegante che abbia mai visto”, raccontando ciò che significò per lei il momento in cui l’attore vinse l’Oscar, il primo della storia ad un attore di colore. “Spero che anche questo premio possa significare qualcosa per tante ragazze che stanno guardando adesso la televisione: la prima donna nera che riceve questo riconoscimento”, ha aggiunto. Anche lei vestita ovviamente di nero, la Winfrey ha poi parlato “di tiranni e vittime, di segreti e bugie”, ha elogiato la stampa per aver disvelato le recenti storie di abusi e infine ha concluso: “Per troppo tempo le donne non sono state ascoltate o credute quando osavano dire queste verità su certi uomini di potere, ma ora il loro tempo è finito, time is up”, alludendo chiaramente all’omonimo movimento nato sulla scia di #Metoo.

Le tematiche toccate da Oprah Winfrey sono state ovviamente al centro anche di altri discorsi della serata. Le ex Thelma e Louise, Geena Davis e Susan Sarandon, chiamate sul palco per premiare il miglior attore, hanno ironizzato sulla disparità di compensi ad Hollywood tra donne e uomini; Nicole Kidman, che ha ricevuto il Golden Globes come miglior attrice per la miniserie Big Little Lies, ha manifestato la sua gioia dicendo che il personaggio che interpreta “rappresenta qualcosa che è al centro delle nostre conversazioni, l’abuso”. Frances McDormand, miglior attrice drammatica per Tre manifesti a Ebbing, Missouri, ha concluso dicendo: “E’ bellissimo far parte di questa serata, di questo cambiamento teutonico dell’industria cinematografica. Fidatevi di me, le donne presenti in questa sala non sono venute per il cibo, sono qui per lavoro”. Infine, non è stata casuale la scelta di affidare a Barbara Streisand, l’unica donna nella storia ad aver vinto il Golden Globe come miglior regista (nel 1984 per Yentl), il compito di consegnare il premio come miglior film drammatico.

Nonostante il trend della serata, confermato anche dalla vittoria nella categoria miglior serie drammatica da parte di The Handmaid’s Tale, serie ambientata in un futuro distopico in cui le donne sono brutalmente soggiogate e non possono lavorare né maneggiare denaro, e nella categoria miglior serie commedia da parte di The Marvelous Mrs. Maisel, la storia di una donna “rivoluzionaria” che contro tutti e tutto prova a sfondare come stand up comedian nell’America di fine anni ’50, le classiche emozioni delle cerimonie di premiazione non sono mancate. Greta Gerwig ha ritirato il premio per Lady Bird in lacrime, ringraziando il suo cast, il padre, la madre e “tutta la gente di Sacramento”. Saorsie Ronan, miglior attrice per il film della Gerwig, ha salutato la madre che la seguiva in diretta FaceTime tramite uno smartphone. Allison Janney, miglior attrice non protagonista per I, Tonya, che non aveva mai vinto un Golden Globe nonostante cinque candidature e già sette Emmy Awards alle spalle, ha ringraziato lo sceneggiatore del film e la splendida Margot Robbieper il suo incredibile coraggio con cui ha ritratto sullo schermo Tonya Harding”.

Tra gli uomini, invece, hanno trionfato James Franco, per la bizzarra commedia da lui stesso diretta, The Disaster Artist, Gary Oldman per la sua straordinaria interpretazione di Winston Churchill in L’ora più buia, Sterling K. Brown per la serie drammatica This Is Us, Ewan McGregor per la mini serie Fargo, Aziz Ansari, miglior attore in una serie commedia per Master None, che ha ringraziato l’Italia “per tutto il buon cibo mangiato durante le riprese della seconda stagione”, e Sam Rockwell, miglior attore non protagonista per Tre manifesti a Ebbing, Missouri che ha dichiarato: “il nostro film parla di compassione, e credo che ne abbiamo bisogno tutti di questi tempi”.

Con ben quattro statuette, il film di McDonagh con la McDormand e Rockwell si candida dunque come superfavorito per la prossima notte degli Oscar. Il suo rivale più accreditato rimane La forma dell’acqua, il fantasy romantico di Guillermo Del Toro, vincitore la scorsa notte di due Golden Globes, quello per la colonna sonora, firmata da Alexadre Desplat, e quello – meritatissimo – per la miglior regia. Del Toro, come già successo a Venezia in occasione del Leone d’Oro, non ha nascosto l’emozione per un riconoscimento che aspetta da anni. “Abbassate la musica ragazzi, ci ho messo 25 anni, datemi un minuto”, ha dichiarato appena salito sul palco del Beverly Hilton. Il regista messicano ha poi ringraziato le donne del suo film, Sally Hawkins e Octavia Spencer, entrambe candidate, e ha concluso con delle parole che hanno ricordato molto quelle pronunciate a settembre al Lido: “da quando sono bambino sono devoto ai mostri, perché incarnano la possibilità di fallire, sono i santi patroni della nostra felice imperfezione”. E chissà se il prossimo 4 marzo, al Kodak Theatre, avranno la meglio loro o il women’s power…

di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it

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