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Il ragazzo invisibile – seconda generazione. I supereroi all’europea di Salvatores

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Nessuno sa come ci si sente/Ad essere l’uomo cattivo/Ad essere l’uomo triste/Dietro gli occhi azzurri/E nessuno sa/Come ci si sente ad essere odiato/Ad essere accusato di dire solo bugie. Inizia così, dopo i titoli di testa a fumetti, in stile Marvel, che riassumono il primo episodio, Il ragazzo invisibile – Seconda generazione, di Gabriele Salvatores, sequel del primo film e possibile episodio mezzano di una trilogia. Certo, il regista di Mediterraneo è un grande appassionato di rock, ma le parole di Behind Blue Eyes degli Who non sono messe lì a caso. Michele, dopo aver scoperto i superpoteri e aver sventato un rapimento nel primo film, è cresciuto e ha sedici anni. La madre adottiva è scomparsa in un incidente stradale. Michele è solo, triste, emarginato dal resto degli amici, e senza nessuno. Non odiato, ma nemmeno amato. E le bugie avranno un peso importante nel prosieguo della vicenda, nella quale appaiono Yelena, la madre naturale, e Natasha, la sorella, e un gruppo di “diversi” con poteri simili ai suoi.

I supereroi non esistono, dice Michele a Candela, la sorellastra con cui aveva finora vissuto. Il ragazzo invisibile – Seconda generazione è ovviamente un romanzo di formazione, grandi poteri e grandi responsabilità. Come nei classici del genere, ci sono i dubbi sul senso del proprio dono, sull’uso da farne (come in Chronicle, e poi Lo chiamavano Jeeg Robot la tentazione è di usarli per motivi personali). La saga del ragazzo invisibile vorrebbe essere un po’ un Unbreakable europeo, per come è un cinecomic senza esserlo veramente (non nasce da un fumetto ma semmai gli dà origine) e per come vuole scandagliare l’animo, la formazione e le motivazioni di un supereroe, per come lo avvolge in una luce oscura e malinconica invece che sgargiante e pop. Quanto alla storia, siamo invece dalla parte degli X-Men: questo secondo film introduce l’eroe in un mondo di suoi simili, si chiamano gli speciali ma sono a tutti gli effetti dei mutanti.

E proprio dalla saga degli X-Men sembra prendere il dilemma di fondo che, lo capiremo presto, anima il film: essere un pericolo o un’opportunità per il mondo? Se lo chiedono soprattutto gli speciali stessi (mentre nella saga Marvel lo fanno soprattutto i governi). Ne esce un mondo in cui (come nell’ultimo Star Wars: Gli ultimi Jedi) i confini tra Bene e Male sono sfumati e facilmente attraversabili, e spesso le sfide sono con i propri consanguinei. Come dice il padre di Michele, tutti dobbiamo fare i conti con il nostro Lato Oscuro. Si chiama diventare grandi.

È diventato grande, come dicevamo, anche Ludovico Girardello, l’attore protagonista de Il ragazzo invisibile – Seconda generazione (contravvenendo a una regola dei comics in cui i personaggi non cambiano mai). Ma forse non è cresciuto come ci si aspettava. Se da bambino, tre anni fa, funzionava, mantenendo un po’ di ingenuità e di tenerezza, oggi è un ragazzo piuttosto indurito, nei tratti e nei modi. Potrebbe essere anche una scelta, quella di avere un protagonista non carismatico, non simpatico, un po’ scostante. Ma probabilmente ha anche dei limiti in fatto di recitazione, e così non funziona la sua nuova compagna d’azione, Galatea Bellugi, attrice francese di estrazione teatrale che interpreta la sorella Natasha. E un po’ in tutto il film troviamo attori spesso non all’altezza, personaggi scritti e recitati non benissimo. Valeria Golino e Ksenia Rappoport, la madre adottiva e la madre naturale di Michele, sono l’eccezione. L’ambizione e l’originalità del progetto meritavano forse un po’ di più.

Parliamo di ambizione perché Il ragazzo invisibile è stato il primo tentativo di fare un fantasy e un cinecomic in Italia (prima ancora di Lo chiamavano Jeeg Robot), di andare su un genere e un target mai frequentati in Italia (c’era stato Diabolik, ma parliamo di tutt’altro). E l’originalità sta nello scegliere toni, colori e atmosfere molto più oscure e rarefatte per il genere, diciamo europee, creando un insieme di cinema di genere e cinema d’autore. In questo senso, si conferma eccezionale la scelta di girare a Trieste, città unica e magica, ricca tanto di storia quanto di mistero, che in questa puntata offre location ancora più particolari. Per capirci, è come se Salvatores avesse girato a Praga. Detto che ne Il ragazzo invisibile – Seconda generazione non tutto è riuscito, continuiamo ad ammirare un artista che già vent’anni fa abbandonò il suo marchio di fabbrica, il road movie generazionale in forma di commedia, per girare, con attori italiani e per lo più comici, un film di fantascienza alla Blade Runner. Quel film era Nirvana, un miracolo produttivo e artistico per il nostro cinema dell’epoca, e Salvatores da allora ha sempre impresso sterzate sorprendenti alla sua arte. E per questo avrà sempre il nostro rispetto.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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