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Jim Carrey: “Non sono soltanto uno che fa smorfie”

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In Man on the Moon del 1999, Jim Carrey interpretò uno dei più anarchici ed eccentrici comici americani del secolo scorso, Andy Kauffman, regalandoci uno delle sue migliori performance di sempre. Una prova magistrale ottenuta grazie ad un’immersione totale nel personaggio da parte dell’attore, tanto da non staccarsi mai dal suo personaggio, neanche a motore spento. Il documentario (dal titolo chilometrico) Jim & Andy: the Great Beyond – the story of Jim Carrey & Andy Kaufman with a very special, contractually obligated mention of Tony Clifton, partendo dal backstage di quel film, racconta proprio il lavoro di immedesimazione percorso da Carrey in quell’occasione, ottenendo un ritratto intimo e sorprendente dell’attore di The Mask. A raccontare la genesi del film e a spiegarci la sua anima, è stato proprio lui, Jim Carrey, giunto al Lido con tutta la sua carica eversiva, la sua simpatia e la sua profondità.

Come è nato il progetto di questo documentario?
Jim Carrey : È stata una cosa che ho generato io, in fondo. O meglio, l’artefice in realtà è Andy con il suo genio. Nella mia testa, pensavo che fosse Andy a realizzare il film, non che fossi io. Prima di arrivare sul set pensavo: “Andy ritornerà per girare”.

In quel film si immedesimò completamente in Andy Kauffman…
Jim Carrey: Il mio impegno fu psicotico in Man on the Moon. Ho avuto il sospetto che Andy e io rivestivamo personaggi insieme. Ho sempre chiesto chi è che recita la mia vita. Chi è?

Dato che lei mette sempre molto del suo nella creazione dei personaggi, ha mai pensato di fare il regista?
Jim Carrey: Si ci ho pensato, ma ci sono registi per mestiere, come Chris ad esempio, che sviluppano tutte le idee. Io amo avere libertà nei miei progetti per esplorare ogni strada dei personaggi che interpreto. Potrei diventare regista, ma solo se non facessi l’attore.

Il documentario mostra tanto la sua genialità quanto la sua fragilità…
Jim Carrey. All’inizio credevo che la mia personalità fosse tutto nella mia carriera. Tutto è sempre stato centrato sulla mia personalità e sull’atteggiamento dei personaggi nei film. Ma dopo un po’ che rivesti un personaggio, anche tu diventi un personaggio. C’è qualcuno che ha interpretato tutta la mia vita e sto cercando di capire chi è. Noi, tutti, non siamo un io. Siamo solo un’energia a cui viene data un’etichetta. Trascorriamo la nostra vita a cercare ancore per la nostra identità ma in realtà non esistiamo. Siamo solo delle idee. E ci mettiamo addosso un braccialetto, con tanti ciondoli, che sono le nostre idee. Ma noi non siamo tutto questo, non siamo niente.

Dove è andata la comicità del primo Jim Carrey?
Jim Carrey. Io non sono solo uno che fa smorfie. Potrei raccontarvi il significato spirituale dietro ogni smorfia della mia carriera. C’è spiritualità dietro il mio lavoro, anche dietro a Scemo e più scemo. Ma fortunatamente ho trovato registi che hanno visto oltre la superficie, come Chris Smith.

Cosa pensa dei comici di oggi, della commedia americana contemporanea?
Jim Carrey: Ci sono cose che mi fanno ridere e altre meno. Ad esempio, ultimamente ho amato Get Out. Ogni generazione ha i suoi comici. Io ai miei tempi, volevo distruggere Hollywood, non volevo farne parte. Volevo prendere in giro quelli egocentrici, i leader, quelli con l’atteggiamento à la Clint Eastwood, volevo prendere in giro i film. Io ho sempre cercato qualcosa di sovversivo, che secondo me ci deve sempre essere. Basta essere onesti. L’onestà è sovversiva. Tutti indossano una maschera, e se uno è autentico, senza maschera, tutti gli altri si sentono in difficoltà. E lo dico qui, a Venezia, nella città delle maschere.

La sua arte comica ricorda molto quella dell’appena scomparso Jerry Lewis…
Jim Carrey: Jerry Lewis era un genio assoluto, un artista stratificato, che proponeva tante modi diversi di recitare. La scomparsa di Jerry è stato un dramma, ma la sua vita è stata incredibile. Io da ragazzo ero telepaticamente collegato a lui. Per me lui significa tanto.

di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it
Photo Credits: @MatteoMignani

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