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L’inganno. Ritorna Sofia Coppola

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Lo scenario de L’inganno (The Beguiled) sembra essere perfetto per esaltare il cinema di Sofia Coppola. Il suo nuovo film, tratto dal romanzo di Thomas Cullinan (da cui è stato tratto già il film di Don Siegel, dallo stesso titolo originale, da noi tradotto con La notte brava del soldato Jonathan) è infatti ambientato in un collegio femminile in Virginia durante la Guerra di Secessione americana. È qui che viene portato il soldato John McBurney (Colin Farrell, nel ruolo che fu di Clint Eastwood), ferito in battaglia, perché possa essere curato. È un nemico: è un soldato nordista, e siamo nel sud. Ma Miss Martha (Nicole Kidman), la direttrice del collegio, decide di non avvisare l’esercito sudista, di curarlo, e di dargli tutto il tempo per guarire.

L’ambientazione de L’inganno è il mondo perfetto per dare vita a un classico racconto di Sofia Coppola. Che, dopo Marie Antoinette, torna a un affresco d’epoca, ma senza gli anacronismi pop che rendevano unico quel film. Qui è tutto più rigoroso e filologico. Ma il collegio è l’ennesimo universo chiuso, microcosmo autonomo (e coatto) dove i personaggi vivono ignari – fino a un certo punto – del mondo esterno. Sono al sicuro, in un certo senso, ma sono anche costretti a vivere in quel modo, senza avere scelta. Il Farnsworth Seminary è un’altra gabbia dorata che Sofia Coppola mette in scena, come Il giardino delle vergini suicide del suo film d’esordio, la Versailles di Marie Antoinette, gli hotel di Lost In Translation e Somewhere. Attraverso le storie di altri, attraverso i viaggi in altre epoche, Sofia Coppola probabilmente continua a raccontarci la sua adolescenza solitaria e problematica. Le gabbie dorate sono rassicuranti, ma anche opprimenti. E qualsiasi elemento esterno può arrivare a modificarne gli equilibri.

È quello che accade qui, con il soldato John che, arrivato in punta di piedi, si insinua man mano nelle vite delle donne, sconvolgendo le loro vite, e gli equilibri tra loro. Il gioco di seduzione inizia con Miss Martha (Kidman), con una serie di dialoghi brillanti e allusivi, e continua con Miss Edwina (Kirsten Dunst), l’insegnante del collegio, quella che John sembra vedere come una possibile compagna. Ma è una delle allieve, la giovanissima Carol (una Elle Fanning in costante stato di grazia) a tentare il soldato John, e a far saltare così gli equilibri. Come in ogni film della Coppola, le donne non hanno mai dei rapporti facili con gli uomini. Ancora una volta, la regista di Marie Antoinette ci mostra donne ingabbiate in corsetti che, più che in lacci e in lacciuoli fisici sono legate da regole, convenzioni sociali, condizionamenti. La Coppola stavolta non sembra sposare il punto di vista di un solo personaggio, ma si identifica in ognuna delle donne in scena, e sembra rivivere in esse le varie tappe della propria vita.

L’inganno, come Marie Antoinette, è un film drammatico. Ma nel cinema di Sofia Coppola tutto è sfumato. Come sempre, la regista americana è bravissima ad accompagnarci fino al finale con leggerezza, con dialoghi intelligenti e brillanti. Come in Maria Antoinette, anche quando la morte incombe, la Coppola riesce ad ammantare tutto con la lievità del racconto. E con atmosfere sospese, grazie a sapienti riprese della natura e a un uso delle luci che contribuisce a dipingere un mondo ovattato. L’allarme della colonna sonora e del sound design, suoni sinistri e via via più inquietanti, ci avvisa che stiamo procedendo verso un dramma.

L’inganno è una summa e allo stesso tempo un’evoluzione di tutto il cinema di Sofia Coppola, complice anche il ritorno di due attrici feticcio della regista americana: quella Kirsten Dunst che per lei è già stata Marie Antoinette e la protagonista de Il giardino delle vergini suicide, ed Elle Fanning che, giovanissima, era la protagonista di Somewhere. Insieme alla Kidman, new entry nel cinema della figlia di Francis Ford Coppola, contribuiscono all’affresco corale di una femminilità in cerca del proprio posto nel mondo, tra mille difficoltà. Ma oggi le donne di Sofia Coppola hanno la consapevolezza e la forza per scrivere la loro storia, per cambiare il finale. Nel giardino del Farnworth Seminary le vergini suicide possono diventare anche vergini omicide.

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