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Gimme Danger – Iggy and the Stooges. A petto nudo, contro il mondo

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Nei momenti finali di Gimme Danger, il film di Jim Jarmusch che racconta la storia di Iggy Pop e gli Stooges, c’è una scena che ci ha fatto capire molto su Iggy Pop. E sul rock. Sono le immagini del 2004, quelle della reunion degli Stooges sul palco del Coachella, il famoso festival americano. Intorno a Iggy si muovono tre signori normali, un po’ imbolsiti, invecchiati, inquadrati. Sembrano tre impiegati. Tra loro, Iggy Pop, l’iguana, si muove nel suo solito look: a petto nudo, magro, tirato, muscoloso. Con i capelli lunghi. Iggy non è mai uscito dal suo personaggio, mentre gli altri hanno cambiato vita. Il suo volto è solcato dalle rughe, ma è ancora, sempre lui. E allora non sarà che il rock, nonostante gli eccessi, è un elisir di lunga vita, è il segreto per non invecchiare, per mantenere sveglia la mente, prima ancora del corpo, per non farsi prendere, mai, da nessuno? Gimme Danger, nelle sale solo il 21 e 22 febbraio, distribuito da Bim e Nexo Digital, ci racconta anche questo.

Veloce come un pezzo punk, montato ad arte tra interviste, spezzoni di concerti, immagini di repertorio e inserti di animazione, in modo che tutto appaia al posto giusto nel momento giusto, Gimme Danger ha il suo protagonista incontrastato in Iggy Pop, citato nei titoli di testa come main actor con il suo nome di battesimo, Jim Ostenberg. Gli occhi spiritati, le sue smorfie, i suoi modi affabili e la sua ironia ne fanno un narratore nato. È lui a condurci in quello che è soprattutto un viaggio nella musica e nel costume di quegli anni a cavallo tra i Sessanta e Settanta, partendo da Ann Arbor, Michigan, dove la band si è formata, per arrivare a Los Angeles, New York e Londra. È lui a svelarci i segreti delle sue canzoni. “Scrivi poche parole, e nessuna sarà sbagliata. Non sono Bob Dylan” è una delle sue regole. D’altra parte i primi pezzi degli Stooges, No Fun e I Want To Be Your Dog, sono proprio questo: poche, perfette parole montate su due riff killer di Ron Asheton. La musica degli Stooges era qualcosa di mai sentito prima. Iggy ci racconta i loro esperimenti, in una casa dove la band viveva come in una comune: barili suonati con le mazze, suoni nati martellando sulla chitarra, suoni che sembrano aerei in decollo. E poi il canto, con il microfono infilato in un cono, un microfono dove inspirare, dove cantare come in un attacco d’ansia.

E al centro di questo suono c’è un uomo che si muove come un indemoniato, sinuoso, come un rettile. Si muove al ritmo della band. Ma è anche lui a dettare il ritmo, a esserne l’ispirazione. Era affascinato dall’iconografia egizia, Mr. Ostenberg, e da quel mondo ha mutuato il suo eterno look dal petto nudo, come quello dei Faraoni. Nel 1970 – era l’anno di Fun House, il secondo album – in un negozio per cani compra un collare, rosso con le borchie. Sarà il suo look di quel periodo, abbinato al petto nudo. Il collare sparirà, il resto no. E Iggy è arrivato a noi ancora così. “Ho dato una mano a spazzare via gli anni Sessanta” ci dice orgoglioso in Gimme Danger. Ed è proprio così. Gli Stooges (il nome è preso dal trio comico The Three Stooges, che noi conosciamo come I tre marmittoni) hanno dato un taglio netto con gli anni Sessanta e hanno spinto con forza il rock verso i Settanta. Sì, ma verso la fine del decennio. Quando sarebbe nato il punk. Quando ci viene raccontato che il boss della Elektra, al momento di rinnovare il contratto alla band, va ascoltarli e dichiara di “non aver sentito niente”, ci viene in mente che “essere dieci anni avanti”, riferita agli Stooges è tutto tranne che quella frase di circostanza che si è soliti ripetere. Gli Stooges hanno aperto la strada a quello che, se non dieci anni dopo, poco meno, sarebbe successo. Il punk è nato da loro. Dopo, molto dopo, sono arrivati i Sex Pistols, i Ramones. E, ancora dopo, i Sonic Youth, e poi i White Stripes. Vediamo scorrere sullo schermo i loro nomi e le loro cover, ma sono decine le band che senza gli Stooges non esisterebbero.

Iggy Pop e la sua band hanno ispirato la musica, ma anche l’arte, la moda, il cinema che sarebbe venuto dopo di loro. Se pensiamo al racconto di quel 1973, con cui Jarmusch inizia il racconto, in cui gli Stooges erano a pezzi, spazzatura, mollati dalla casa discografica, senza un dollaro, con Iggy preso a bottigliate dal pubblico, e pensiamo a cosa sono oggi gli Stooges, non riusciamo a crederci. “Il problema è che abbiamo un rifiuto per tutto ciò che è popolare” ci racconta Iggy. Ma piacere a tutti significa piacere a nessuno, diceva Oscar Wilde. Ecco, il vero segreto degli Stooges forse è proprio questo.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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