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Sfilata Dior SS 2017

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Voglio prestare attenzione al mondo e fare moda raccontando le donne di oggi, accompagnandole nelle loro trasformazioni. Nel superamento di quelle categorie stereotipiche: maschio/femmina, giovane/vecchio, ragione/sentimento, che nella realtà, invece, sono aspetti complementari. La scherma è una disciplina in cui l’equilibrio tra pensiero e azione, la sintonia tra mente e cuore sono fondamentali. L’uniforme delle schermitrici è, con l’aggiunta di protezioni strategiche, calco di quella maschile. Il corpo femminile si adatta alla divisa e allo stesso tempo la divisa appare plasmata dalla forma del corpo femminile

Maria Grazia Chiuri è la prima donna direttore creativo di Dior, e il suo sguardo femminile audace – “femminista” è la parola che usa spesso lei – indaga le regole della bellezza moderna per riportarle dentro una collezione disciplinata da quella tensione sensuale che agisce tra il corpo e l’abito.

Il New Look di Dior era una divisa che sfidava la modernità e il rigore della divisa, riconsegnando alla donna una flessuosità ricca e ancien régime, antica ma profondamente nuova in quel preciso momento. Chiuri si confronta con la tradizione di Dior, che è riportare la donna al centro, scardinando le aspettative, rimettendo in discussione quello che ormai diamo per scontato. Lo fa scegliendo di ragionare sulle forme di un corpo contemporaneo, scattante, olimpionico, elitario nell’eleganza sportiva, ma virtualmente a disposizione di tutti, perché l’uniforme è un elemento unico e seriale allo stesso tempo. È il luogo dove il corpo si esercita nella sua individualità. E dove simultaneamente può condividere con gli altri corpi le regole del gioco e dell’apparire.

Sono gli elementi di questo abbigliamento come imbottiture, pettorine, e lacci, a esplodere in una serie di pezzi assoluti che esaltano nelle loro linee la chiarezza costruttiva del progetto di Maria Grazia Chiuri, che fa propria la rottura rifondatrice delle origini – quella di Christian Dior – per attraversare, senza preconcetti, una storia straordinaria stratificata da talenti diversi, appropriandosi (come nella Postproduction di Nicolas Bourriaud) di ogni pezzo utile per costruire una nuova grammatica in cui fluisce senza gerarchie il tempo sempre presente della moda.

Affascinata dall’aspetto più intimo e artigianale della Maison, mette alla prova materiali diversi in inaudite congiunzioni. Attraverso forme decontestualizzate e rimesse in movimento, inventa percorsi tra i segni: il corsetto che non costringe ma esprime con leggerezza e ironia quel desiderio di guardarsi e di piacersi; la libertà di mettere in evidenza un underwear tecnico, grafico, nel seguire le curve del busto innestato da elastici decorati da parole che giocano sul marchio, trasformandolo in una sorta di rap gotico e sentimentale ritmato dalle evoluzioni di j’adior. Una couture porosa alle suggestioni dello street style, dei materiali tecnici, come a quella dimensione magica, sognatrice e quasi divinatoria tanto cara al fondatore, ed espressa da Chiuri con la frase autobiografica: “Imparare a seguire i propri sogni”. Così sono i ricami sontuosi dei segni zodiacali a occupare superfici che diventano tela. Oppure le opulente figure dei tarocchi trasfigurate sapientemente in terreni eterogenei a suggerire possibili interpretazioni del futuro.

I materiali sono il cotone declinato nel bianco, nel nero, nel blu. Emerge anche quel particolare rosso amato da Dior. E poi ci sono il grigio e il rosa. Appare il denim come elemento connettivo. Poi il tulle, lo chiffon, la georgette impiegati in gonne che arrivano alla caviglia per allungarsi a piacimento. Ma è il cuore pulsante ricamato sul petto, come nelle prime divise delle donne schermitrici, a dichiarare, più di mille proclami, l’intensità e la forza di quelle emozioni di cui sono impastate tutte le donne dell’oggi.

Crediti Immagini ed editoriali:©Dior.com

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