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Brian De Palma e il segreto del suo successo: “Ironia, costanza, talento e tanta fortuna”

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Nella sala conferenze del Palazzo del Casinò è stato accolto da un boato e un applauso scrosciante. Brian De Palma è sbarcato al Lido di Venezia e da quando è arrivato si respira una fresca ed entusiasmante euforia alla Mostra del Cinema. Pronto a ricevere il premio Jaeger-LeCoultre “Glory to the Filmmaker”, il maestro della New Hollywood è stato inoltre omaggiato dal documentario, che porta il suo cognome come titolo, realizzato dai registi Jake Paltrow e Noah Baumbach, suoi amici con i quali ha condiviso ore e ore di conversazioni.

Questo documentario ha avuto un processo molto lungo. Com’è nata l’idea di realizzarlo?
Jake Paltrow: E’ un film nato dalle nostre conversazioni con Brian. Ci siamo resi conto che le nostre interazioni erano davvero preziose e abbiamo deciso di registrarle. Alla fine abbiamo realizzato trenta/quaranta ore di girato.
Noah Baumbach: Volevamo mostrare la versione di Brian sul suo cinema, ma in fondo anche la descrizione della nostra amicizia. L’intimità che trapela dal film è dovuta all’amicizia che abbiamo con lui.
Brian De Palma: Noah e Jake mi hanno proposto questo progetto con molta semplicità. Mi hanno detto: “ti faremo delle domande”. Tutto qui. Sono andato nel soggiorno di casa di Jake, loro mi facevano domande ed io rispondevo. Ma poi loro sono stati geniali a montare il tutto con le sequenze dei film.

Maestro De Palma, dal film arriva forte la sua ironia. L’ironia è l’unico modo per sopravvivere a Hollywood?
Brian De Palma: Se si lavora in questo mondo, è meglio averla. Quando si realizza un film, la reazione di pubblico e critica è sempre opposta a quella che ti aspetti: quando pensi di aver fatto un capolavoro, il film non piace e viceversa. Il segreto per sopravvivere a tutto questo è, sì, avere ironia, ma anche continuare a credere in se stessi e avere perseveranza, costanza. Ma anche talento, e tanta tanta fortuna.

Da un punto di vista artistico vi sentite vicini a De Palma? Cosa vi lega?
Noah Baumbach: Brian fa film con un’evidente cifra personale. È regista fantastico perché c’è tanto di suo nei film che realizza. Io e lui siamo amici, ma credo che il fatto che anche io provi a fare un cinema molto personale ha reso il nostro legame ancora più forte.
Jake Paltrow: Brian è uno dei pochi cineasti che mi ha colpito da giovane. Grazie ai suoi film ho imparato a ricevere le immagini e più passa il tempo più mi rendo conto di questo. La sua è un’influenza radicata dentro di me.
Brian De Palma: Quando ero giovane, noi registi uscivamo tutti insieme, parlavamo dei film, del montaggio, degli attori, di cinema insomma. Poi siamo cresciuti e ci siamo tutti mossi in diverse parti del mondo. Oggi mi manca quel cameratismo di una volta, ma credo che a New York, con Noah, Jake, Wes Anderson abbiamo dato vita a nuovo gruppo. Tra di noi parliamo da registi ed è una cosa fantastica.

Noah e Jake, perché avete deciso di non inserire nel documentario interviste ai collaboratori di De Palma?
Jake Paltrow: Chi potrebbe dividere lo schermo con lui? Nessuno. Ma a parte questo non volevamo un documentario così. Eravamo solo interessati al suo punto di vista.
Noah Baumbach: Sentire Brian che parla dei suoi film è un’esperienza unica e questo documentario intende catturare, mostrare cosa vuol dire essere regista. Se avessimo inserito interviste ad altre persone avremmo fatto un tributo a Brian, e non era il nostro obiettivo.

Maestro, a parte la Mostra del Cinema, per lei Venezia significa anche Pino Donaggio. Cosa ci può dire della sua collaborazione con lui?
Brian De Palma: Io e Pino abbiamo avuto una lunga conoscenza. Mi ricordo che sentii per caso un suo pezzo e decisi di venire qui a Venezia per conoscerlo. Siamo stati amici per anni. Anche se il mio italiano e il suo inglese non erano buoni, abbiamo avuto un rapporto magico: nella mia carriera ho lavorato anche con altri compositori, ma alla fine tornavo sempre da Pino. La sua musica era perfetta per la mia idea di thriller sensuale.

A quale sequenza dei suoi film è più legato?
Brian De Palma: E’ come chiedere a quale figlio si è più affezionati. Non posso sceglierne una, ma mi vengono in mente la scena del museo di Vestito per uccidere, quella della scalinata de Gli Intoccabili, o anche la scena della steady-cam de Il falò delle vanità. Ne potrei citare molte altre, diciamo che sono legato agli esperimenti che hanno funzionato bene.

Da dove nascono i suoi film?
Brian De Palma: I miei film nascono sempre da un’idea visiva. Mi ricordo, ad esempio, che mi venne l’idea di Sorelle guardando una foto su una rivista. Ho delle immagini, delle suggestioni visive e questo mi porta a pensare ai miei film.

Oggi in America le serie televisive sono ormai cinema. Lei ha mai pensato di fare qualcosa per il piccolo schermo?
Brian De Palma: Io ho avuto una pessima esperienza con la HBO, quando dovevo realizzare un film su Joe Paterno. Mi ricordo che mi inviarono così tante osservazioni sulle mie idee che decisi di lasciar perdere. Questa televisione, secondo me, è molto intrusiva. Contano soprattutto i produttori e gli sceneggiatori, tanto che anche quando una serie è diretta da registi diversi non si riesce a notare la differenza tra un episodio e l’altro.

Di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it

Photo Credit: © la Biennale di Venezia – Foto ASAC

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