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Shia LaBeouf: tra genio e sregolatezza

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 A Venezia 72 è un reduce di guerra per Dito Montiel

Con Dito Montiel ci aveva lavorato quasi dieci anni fa in “Guida per riconoscere i tuoi santi”, ha definito quell’esperienza “la cosa più bella che abbia fatto nella mia vita”, perché Dito è un regista amico come piace a lui: “adoro lavorare con le persone a cui sono legato”. Shia LaBeouf torna a fare coppia con Montiel, l’occasione è la 72° Mostra d’Arte Internazionale Cinematografica di Venezia dove insieme presentano “Man Down”, apocalittica storia di un reduce dalla guerra in Afghanistan, Gabriel Drummer, a cui Shia presta il volto.

Un reduce proprio come lo fu quel padre, veterano del Vietnam, che da piccolo si ritrovò spesso ad accompagnare alle riunioni degli Alcolisti Anonimi e che una volta finì per puntargli una pistola alla tempia, in uno dei deliri da stress post-traumatico. E Shia non lo ha mai dimenticato: “Gabriel è il padre che avrei sempre voluto avere”, racconta in conferenza stampa parlando del suo personaggio. La sceneggiatura di “Man Down” arrivò “quando ero di pessimo umore, ha funzionato come una terapia in un momento buio della mia vita”. Turbolenta sin dall’infanzia trascorsa in miseria nel quartiere di Echo Park a Los Angeles, con due genitori descritti come degli ‘hippies’ – madre ballerina e padre clown – e che finirono per divorziare a causa principalmente dei vari problemi economici, “gente molto strana, ma mi volevano bene e io ne volevo a loro”, avrebbe dichiarato in seguito.

Una carriera iniziata quando vide recitare un amico ne “La signora del West”, fu in quel momento che decise infatti di fare l’attore; si sarebbe diplomato poi alla Hamilton Academy of Music di Los Angeles e avrebbe trovato il suo agente sulle pagine gialle! Ma fu Steve Spielberg a scovarlo e a regalargli il successo scegliendolo nel 2007 per interpretare il protagonista di “Disturbia”. Da quel momento la consacrazione a Hollywood: nello stesso anno Michael Bay lo ingaggerà per tutta la trilogia di ‘Transformers’, mentre Spielberg lo richiama per il quarto film della serie di ‘Indiana Jones’, “Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo”. Arrivano poi Robert Redford che lo dirige ne “La regola del silenzio – The Company You Keep” e nel 2013 Lars von Trier che gli regala un ruolo da protagonista nel più controverso “Nymphomaniac”.

Tutto questo non ne avrebbe fatto comunque una personalità ortodossa e accomodante, lasciando invece che diventasse in più occasioni un provocatore come nel giugno del 2012 quando appare in un video musicale dei Sigur Rós ballando nudo in compagnia della modella Denna Thomsen o come a febbraio del 2014 al festival di Berlino dove sfila sul red carpet con un sacco di carta in testa su cui campeggia la scritta “Non sono più famoso”.

Si rivelerà nel corso del tempo un outsider che ha fatto dell’arte il suo mezzo d’espressione privilegiato come dimostrano le sue performance da batterista accanto all’MC G-Money del Viper Room di Los Angeles o le chiacchierate installazioni artistiche di cui è protagonista. Chapeau dunque, alle mille sfaccettature di un artista capace di fare scalpore come in questo Venezia 72 dove è stato sorpreso ad azzuffarsi con un fotografo su una delle terrazze del Lido, ma anche di sorprendere per genialità, passione e sincerità. Genio e sregolatezza.

di Elisabetta Bartucca per DailyMood.it

Photo Credit: Federica De Masi per DailyMood.it

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