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Lady Diana. La principessa del popolo

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“La principessa del popolo”. Questa brillante definizione creata dallo staff di Tony Blair in occasione della morte di Lady Diana, ai tempi era funzionale all’idea politica del premier. Ma rappresenta benissimo cos’era diventata Lady D agli occhi della gente. Non più la moglie del principe di Galles, ma la principessa di tutti. E non solo, caso più unico che raro, del popolo britannico, ma di quello di tutto il mondo. La principessa, che il 31 agosto 1997 moriva in un incidente stradale a Parigi, nel tunnel de l’Alma, insieme all’allora compagno Dodi Al Fayed, è diventata da subito un’icona, un personaggio entrato nei cuori – e negli occhi – di tutti.

La donna più fotografata del mondo (titolo che un tempo era appannaggio di un’altra icona, Grace Kelly) è salita all’attenzione mediatica sin dal suo fidanzamento con Carlo d’Inghilterra, nel 1981. Ma quello che ha fatto la differenza rispetto ad altri personaggi simili è stata la sua dedizione, totale e non solo mediatica, a una serie di cause umanitarie. E non solo quelle a cui di solito prestava attenzione la Casa Reale. Ma l’Aids, la lebbra, le mine antiuomo. La morte precoce, poi, ha fatto sì che Lady Diana Spencer rimanesse negli occhi di tutti nel pieno della sua gioventù, come Marilyn Monroe.

Del resto la sua storia sembra fatta apposta per scaldare i cuori del pubblico. L’incontro e le nozze con un principe, un marito che la trascura, la voglia di riscattarsi, il divorzio, la rinascita, un nuovo amore. Quello vero pare che non fosse il Dodi Al Fayed che morì con lei a Parigi, ma Hasnat Khan, stimato cardiochirurgo di origine pakistana. Una persona riservata che troncò la relazione – allora tenuta segreta – dopo due anni, probabilmente proprio per l’incompatibilità tra la sua vita e quella di Diana. Pare che Al Fayed fosse più una sfida alla Casa Reale che un vero amore. Sì, perché tra la Regina Elisabetta e Diana Spencer non corse mai buon sangue.

Quello che ha conquistato molti, nella storia di Lady D, è probabilmente anche il voler rompere le regole. Diana era pur sempre una ragazza degli anni Ottanta, una giovane donna moderna e, nei suoi desideri, indipendente. La moglie di un principe negli anni Cinquanta e Sessanta avrebbe ingoiato i rospi, sarebbe rimasta silenziosa accanto al proprio marito, accettando tradimenti e vivendo senza amore. Lei no. Dopo la depressione, l’autolesionismo, i tentati suicidi, ha voluto prendere in mano la sua vita. Cambiare le regole del gioco e giocare secondo le proprie.

Il suo sguardo dolce ma tagliente, fiero, deciso, i suoi capelli biondi, i suoi cappelli, i suoi abiti l’hanno fatta diventare presto icona. Come l’abito in velluto blu notte indossato durante una visita alla Casa Bianca, ospite di Ronald Reagan, durante la quale ballò anche con John Travolta (un abito finito all’asta, per motivi benefici, e venduto per 800 mila sterline). Ma sono molte le immagini di Lady D. entrate nella storia. Quelle del matrimonio, certamente, ma anche quelle di lei in costume da bagno intero nero sullo yacht di Al Fayed. Ma soprattutto le foto in giubbetto protettivo ed elmetto, scattate nell’ex Jugoslavia nell’ambito del suo impegno contro le mine antiuomo. O la foto che la vede abbracciare una donna, la madre o la moglie di una vittima del conflitto nei Balcani, scattata nel 1997, poco prima della sua morte.

Diana è proprio questo. Mondi opposti che si fondono in unica persona creando qualcosa di unico. Mondanità e impegno sociale, la monarchia e la vita di tutti i giorni. Tutto questo è raccontato nel film Diana – La storia segreta di Lady D., di Oliver Hirschbiegel con Naomi Watts, con toni un po’ eccessivi e da soap opera. Ma ancora meglio in The Queen, di Stephen Frears, in cui Diana si vede solo in qualche immagine di repertorio, e tutto è incentrato sul rapporto tra lei, la regina Elisabetta e Tony Blair, autore della felice definizione “la principessa del popolo”. Molto vicina a un’altra frase, detta dalla stessa Spencer poco dopo il divorzio, in tv: “mi piacerebbe essere la regina nei cuori delle persone”. E così è stato. A noi piace ricordarla come la principessa che amava i Duran Duran ed Elton John (che cantò al suo funerale Candle In The Wind, modificandone le parole), la musica pop. Una ragazza degli anni Ottanta.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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