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Mokadelic: “Dopo Gomorra, ci piacerebbe lavorare con Matteo Garrone”

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Il successo di Gomorra – La serie porta anche la loro firma. A rendere quello di Sky un vero prodotto di culto, in Italia quanto all’estero, sono infatti anche le loro musiche, con quelle sonorità che sfumano dal torbido al melodico, che si muovono su tinte cupe tra il rock e l’elettronico. Il gruppo romano dei Mokadelic, composto da Alessio Mecozzi, Cristian Marras, Alberto Broccatelli, Maurizio Mazzenga e Luca Novelli, rappresenta una delle realtà più interessanti del panorama musicale italiano, che finalmente regala novità ed originalità al mondo delle colonne sonore per film, ma non solo.

Abbiamo incontrato tutti i componenti della band prima del loro concerto che si è tenuto la scorsa estate al Fiuggi Film Festival, dove una folta platea di fan li accolti con grande entusiasmo rispondendo con piena soddisfazione alla loro sorprendente perfomance.

La vostra musica viene definita in tanti modi, da post-rock a neo-psichedelica. Voi come la definireste? Vi piacciono le definizioni, le catalogazioni o cercate di sfuggirle?

La catalogazione serve a tutti, a chi vende il prodotto, a chi lo compra. E noi ci riconosciamo in tutte queste “etichette”. La nostra musica in fondo è una summa di tutte queste anime. In tanti anni di attività abbiamo avuto un passaggio da un atteggiamento musicale ad un altro, ed ecco che i generi musicali sono diversi.

Voi siete in cinque, come si svolge il vostro lavoro creativo? Da chi viene l’ispirazione e come la sviluppate in seguito?

Tendenzialmente abbiamo un approccio un po’ “zingaro”, tradotto: un po’ punk. Iniziamo a suonare, ci muove un’emozione, un’idea, e poi attorno ad essa si crea un’improvvisazione che poi in corso diventa una canzone. Diciamo che si parte dal caos emotivo e poi si costruisce qualcosa.

La vostra è una musica che nei concerti vive molto della partecipazione del pubblico. Che differenze ci sono tra suonare davanti ad una platea e suonare per la colonna sonora di un film?

La dimensione live è completamente affascinante, ci restituisce un riscontro diretto. Proponi un brano dal vivo, vedi la gente che reagisce ed è la cosa più bella. Per quanto riguarda la musica per film, la reazione è più dilazionata nel tempo. Per la colonna sonora della seconda stagione di Gomorra – La serie, ad esempio, abbiamo ricevuto molti complimenti tramite i social network, via mail, ed è bellissimo anche quello: ricevere l’apprezzamento dall’altra parte del mondo è una cosa che ti rende felice. In ogni caso sono due dimensioni completamente differenti. Noi fortunatamente possiamo apprezzarle entrambe, anche se nel live l’energia del pubblico arriva diretta e si crea proprio un circolo tra il pubblico e noi. E questo, forse, ci consente un approccio un po’ più vero alla musica.

Siete romani: secondo voi la vostra musica porta in sé un po’ di romanità? Riesce a trasmetterla in qualche modo?

In parte sì, se consideri Roma una città del mondo, in parte la esprime. Nell’evoluzione musicale, c’è stato un break ad un certo punto: la musica più popolare è diventa un’altra cosa e c’è stata una scena che ci rappresentava di più, che poi è quella che già iniziava a guardare fuori e sentiva la necessità di connettersi con il mondo. Se dovessimo rappresentare una scena – anche se non ci interessa molto – noi potremmo rappresentare quella scena di Roma che aveva la voglia di far diventare la capitale una città artisticamente internazionale.

Mokadelic_Foto_2014_2Oggi esiste una vera scena musicale romana?

Effettivamente non c’è una scena a Roma. Noi grazie a Gomorra abbiamo avuto dei rapporti stretti con molti rapper napoletani, e Napoli ha una scena fantastica, sono tutti molto uniti. La loro è una scena che è cultura più che musica. E’ un discorso complesso. Il disagio, tante volte, è un’opportunità: spesso vuol dire avere qualcosa da organizzare per essere raccontato. Roma questo disagio non ce l’ha e ciò non ha permesso di creare una scena dal basso che spinge per raccontarsi. C’è tanta estetica, sì, ma che non racconta la città, racconta più che altro quello che vorrebbe essere la città. Quella di Roma è una scena frammentata, con tante realtà differenti che non si sono organizzate. A Napoli invece sono una grande famiglia, sono venti artisti che sono come fratelli.

Per il cinema e la televisione avete firmato le colonne sonore, tra i diversi titoli, di Come Dio comanda di Gabriele Salvatores, di ACAB di Stefano Sollima e di Gomorra – La serie, prodotti, questi, che vivono di una forte componente dark, noir. Sentite che questo sia un terreno tonale che si sposa bene con le vostre sonorità?

E’ stato un connubio interessante, quello tra questi film e la nostra musica. Per Come Dio comanda, è stato Salvatores a sceglierci, perché il film che aveva in mente portava con sé un mood molto scuro e lui si era immaginato le nostre musiche a commento della storia. Per ACAB, è stato Sollima a stimolarci ad andare in questa direzione. Lui aveva percepito che potevamo essere adatti a certe tonalità e noi abbiamo approfondito alcune sonorità. La musica di Gomorra è stata l’evoluzione di questo.

Per la colonna sonora di Gomorra com’è stato accostarsi a realtà musicali come quelle rap e neomelodiche del panorama napoletano?

L’abbiamo vissuta come una sperimentazione. Ogni possibilità era interessante. La cosa che abbiamo cercato di fare era trovare un connubio tra queste musiche e la nostra. Volevamo veicolare un’idea di marginalità, rendere un po’ più universali dei temi locali – che poi era anche la sfida della serie televisiva.

Voi avete fatto e fate anche teatro. Che è esperienza è quella della musica per spettacoli teatrali?

Il teatro è affascinate perché, a differenza del cinema, si lavora in stretta relazione con il cast e la troupe. Ciò rende l’esperienza qualitativamente più alta. Nel cinema si lavora a compartimenti stagni, fai la musica e poi si mette sulle immagini. A teatro c’è armonia con tutto, è un momento in cui tante arti si riescono a fondere. Hai la possibilità di collaborare nel “qui ed ora” con attori e registi, con ciò che rende lo spettacolo vivo. E’ una delle cose più belle che ci sia capitata.

Con quali registi internazionali vi piacerebbe lavorare?

David Lynch. Ma anche John Carpenter e Iñarritu.

E tra quelli italiani?

Lavorare con Matteo Garrone sarebbe molto interessante. Fra i giovani, ci piacerebbe collaborare ancora con Claudio Giovannesi e Claudio Cupellini, con cui abbiamo già fatto Gomorra.

Cosa ci dobbiamo aspettare nel prossimo futuro dai Mokadelic?

Dal 14 ottobre esce il nostro nuovo disco in cd e in vinile. Per anni abbiamo lavorato a servizio di altri prodotti, come per le colonne sonore ad esempio, mentre questo è un nostro prodotto in tutto e per noi è come un figlio. Realizzare questo disco è stato come mettere un punto nella nostra carriera, mettere insieme tutte le nostre esperienze artistiche dal 2007 ad oggi.

di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it

Photo Credit immagine in evidenza & immagine articolo: Ufficio Stampa Mokadelic

Photo Credit immagini gallery: Antonio Valerio Spera

 

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Continua la partnership di successo tra Oknoplast e MOCAK – Museo d’Arte Contemporanea di Cracovia. Al via la seconda edizione del concorso internazionale per artisti emergenti

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È aperta la seconda edizione del concorso OKNOPLAST FOR ART, in collaborazione con MOCAKil Museo d’Arte Contemporanea di Cracovia – che mira a sviluppare e diffondere la cultura e l’arte contemporanea, oltre a sostenere attivamente la formazione. Dopo il successo riscontrato dalla prima edizione, svoltasi lo scorso anno, la partnership continua. La collaborazione, annunciata per la prima volta nel 2022, riflette i valori a cui si ispira da sempre l’azienda, leader nel settore degli infissi di qualità, secondo cui design e creatività sono il motore di crescita e innovazione continue.

“Oknoplast ha molte qualità in comune con gli artisti che si sono candidati e hanno partecipato alla prima edizione del concorso. Ci focalizziamo sul design, ci impegniamo nella creazione di prodotti unici che sorprendono e cerchiamo di percorrere strade sempre nuove” ha dichiarato Magdalena Cedro-Czubaj, Direttore Marketing del Gruppo OKNOPLAST.

Negli ultimi anni, OKNOPLAST si è impegnata su vari fronti per sostenere il mondo dell’arte, la cultura e le attività educative delle istituzioni che sostiene. Anche per questo 2024, l’azienda ha rinnovato l’impegno di farsi promotrice – insieme al MOCAK – di un vero e proprio concorso rivolto ad artisti internazionali emergenti invitandoli a esprimere liberamente la propria creatività utilizzando come “tela” la finestra. La competizione OKNOPLAST FOR ART si chiuderà il 4 marzo 2024, termine ultimo per l’invio dei progetti. I vincitori di questa seconda edizione riceveranno diversi premi: 7.000 euro, 3.000 euro e 2.000 euro.

Il 29 giugno scorso erano stati annunciati i risultati della prima edizione del concorso dove il primo vincitore, Jakub Słomkowski, ha ricevuto in premio la somma di 8.000 euro grazie alla sua opera “Gelosia di guerra (Zazdrostka wojenna)”. Il secondo ed il terzo classificato – Andrzej Wełmiński che ha presentato “Non guardare (dont look)” e Mateusz Sak con un’opera senza titolo (bez tytułu) – hanno ricevuto rispettivamente un premio da 2.000 euro ciascuno. Tutti e tre i vincitori si sono ispirati a problemi profondi che il mondo moderno sta affrontando.

“Il numero di progetti inviati e la qualità della prima edizione del concorso mostrano grande coinvolgimento e sottolineano la necessità di mantenere una collaborazione attiva tra Oknoplast e la comunità artistica. Siamo contenti che i frutti delle nostre attività siano opere d’arte uniche in grado di suscitare emozioni e commuovere il pubblico.“, ha continuato Magdalena Cedro-Czubaj, Direttore Marketing del Gruppo OKNOPLAST.

 Maria Anna Potocka, direttrice del Museo d’Arte Contemporanea MOCAK di Cracovia ha aggiunto “Questa prima edizione del concorso ha raccolto oltre 200 progetti creati da artisti provenienti non solo dalla Polonia ma dall’Europa intera. Il tema abbastanza libero, la finestra, ha dato la possibilità agli artisti di spaziare nell’interpretazione scontrandosi ovviamente con diverse sfide personali. La mostra allestita post-competizione è stata l’occasione perfetta per sottolineare l’alto livello di tutte le diverse opere d’arte raccolte, vincitrici e non”.

 Tutte le informazioni sulla seconda edizione del concorso e sulle modalità di partecipazione sono contenute nel sito dedicato http://art.oknoplast.com/.

Regolamento del concorso

Il concorso si rivolge ad artisti maggiorenni che sono attualmente iscritti o che si sono già diplomati presso una Scuola d’Arte, così come a coloro che lavorano nel mondo dell’arte e che hanno la possibilità di presentare un portfolio di progetti. Potrà partecipare chi risiede nell’area dell’Unione Europea.
Si potrà inviare un solo progetto. Anche i collettivi artistici potranno candidare un unico lavoro.
I partecipanti dovranno inviare il proprio progetto in formato grafico, per una dimensione massima di 20MB.
Verranno valutati per ciascun lavoro: unicità, tecnica di esecuzione e valore artistico.
Nello sviluppo del progetto dovranno rimanere inalterate la struttura della finestra, il vetro e il sistema di apertura.

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Filippo Poletti: «Il vero leader dell’intelligenza artificiale? Cuore e cervello

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Entro 5 anni il 50% delle decisioni manageriali sarà preso con IA»
Nel libro “SMART LEADERSHIP CANVAS” dell’influencer Poletti i passi da fare un anno dopo ChatGPT: all’iinterno 20 interviste a Microsoft, Cisco, Siemens, Scalapay, Zucchetti, illimity e altre aziende

Il vero leader ai tempi dell’intelligenza artificiale? Deve avere cuore e cervello, il primo per prendersi cura delle persone, il secondo per raggiungere gli obiettivi di business promuovendo un impatto positivo sulla società. In un contesto in cui, entro i prossimi 5 anni, il 50% delle decisioni manageriali sarà preso in collaborazione con l’IA, sono queste le fondamenta del “test del cuore e del cervello” per i capi articolato in dieci passaggi, proposto da Filippo Poletti, giornalista professionista e top voice di LinkedIn, presentato a Microsoft Italia a Milano nella sede italiana assieme all’amministratore delegato Vincenzo Esposito. Il tutto a 365 giorni dal lancio di ChatGPT, che in soli cinque giorni registrò cinque milioni di utenti e a novembre è arrivato a superare i 180 milioni di iscritti.

«Il leader di oggi deve saper progettare il processo di trasformazione in atto, sviluppare all’interno dell’azienda nuove competenze, promuovere una cultura organizzativa che utilizzi al meglio l’intelligenza artificiale e soprattutto individuare quali attività saranno svolte dagli esseri umani e quali dalle macchine, attribuendo all’intelligenza il ruolo di co-pilota e alle persone quello di “piloti” della rivoluzione in atto», spiega Filippo Poletti, ideatore e autore del libro “Smart Leadership Canvas: come guidare la rivoluzione dell’intelligenza artificiale con il cuore e il cervello” assieme ad Alberto Ferraris, professore ordinario in economia e gestione delle imprese. All’interno del volume, edito da Guerini Next, le teorie sulla leadership assieme ad analisi quantitative curate da Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia, e a venti interviste ai leader appartenenti alla generazione dei boomer, X e Z, da Microsoft a Google, Cisco, Siemens, illimity, Webuild fino all’unicorno Scalapay, cofondato da Simone Mancini, classe 1987.

IL DECALOGO DEL LEADER AI TEMPI DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
«Stiamo passando a una figura di leader poliedrico, che deve avere capacità e competenze commisurate con l’evoluzione della tecnologia, a garanzia di un operato che unisca l’efficacia dell’IA al valore inestimabile del talento umano», spiega Poletti. Questo il decalogo del leader di cuore e cervello ai tempi dell’intelligenza artificiale:
1. sa integrare il lavoro fatto dalle persone con quello dell’intelligenza artificiale
2. sa individuare il livello di urgenza della collaborazione persone-intelligenza artificiale
3. sa stabilire il grado di importanza della collaborazione persone-intelligenza artificiale
4. sa coinvolgere i collaboratori per valorizzarli e non per sostituirli
5. sa sviluppare relazioni positive con i collaboratori
6. sa favorire il benessere dei collaboratori
7. sa promuovere l’innovazione in azienda
8. sa prendere le decisioni necessarie per sviluppare il business aziendale
9. sa realizzare gli obiettivi aziendali nel rispetto delle regole e dell’etica professionale
10. sa individuare gli ostacoli e agire con rapidità

20 “SFUMATURE” DI LEADERSHIP: MICROSOFT, GOOGLE, CISCO, ILLIMITY E SCALAPAY
La collaborazione tra intelligenza umana e artificiale stimola tante letture da parte dei leader coinvolti nel libro e con formazione differente. È qui che emergono venti “sfumature” della leadership: c’è, ad esempio, “la leadership della prosperità” raccontata da Vicenzo Esposito, CEO di Microsoft Italia, così come “la leadership coraggiosa” presentata da Melissa Ferretti Peretti, CEO di Google Italia, “la leadership inclusiva” tratteggiata da Agostino Santoni, vicepresidente di Cisco Sud Europa e vicepresidente di Confindustria con delega al digitale, “la leadership agile” indicata da Floriano Masoero, CEO di Siemens Italia, “la leadership utile” suggerita da Corrado Passera, CEO di illimity, e “la leadership condivisa” su cui riflette Cristina Zucchetti di Zucchetti Group.

«Un leader deve ritenersi soddisfatto se l’azienda cresce e, allo stesso tempo, se crescono le persone che ci lavorano così come il resto della società. La “Smart Leadership Formula” è composta, oltre che dalla collaborazione uomo-macchina, dal cuore e dal cervello, dall’impatto generato nel mondo», conclude Filippo Poletti nel nuovo vademecum per il leader dell’era dell’intelligenza artificiale.

Scheda del libro
Titolo: “Smart Leadership Canvas: come guidare la rivoluzione dell’intelligenza artificiale con il cuore e il cervello”
Editore: Guerini Next
ISBN: 9788868964986
Pagine: 330
Prezzo: 21,50€
Disponibile su tutte le piattaforme online e nelle librerie dal 1° dicembre 2023

Top voice di LinkedIn con executive MBA al Politecnico di Milano, dal 2017 cura su LinkedIn una rubrica quotidiana dedicata al lavoro. È stato inserito da WikiMilano tra i protagonisti della vita metropolitana. Speaker, formatore e giornalista professionista ha scritto per oltre 30 testate nazionali come il Corriere della Sera. Tra i suoi i libri Tempo di IoP: Intranet of People, Grammatica del nuovo mondo, MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose e Ucraina: grammatica dell’inferno.

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DailyMood.it interviewed Asian-American supermodel, actress and advocate JULIA LEE

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DailyMood.it interviewed Asian-American supermodel, actress and advocate JULIA LEE (@ItsJuliaLee) she has walked numerous international runways, graced covers such as Harper’s Bazaar and L’Officiel and has been the face of some of fashion’s top brands and beauty all over the world to the point of becoming one of the most sought-after models of his generation. Now embarking on a new journey, she is honing her acting skills and moving on to work in television and film, following in the footsteps of some of her contemporary role models such as Cara Delevingne and Emily Ratajkowski.

Born just outside of Philadelphia, Lee is of Chinese and Vietnamese descent. An advocate for better representation of Asian Americans in the media and fashion world (known for their limited selection of Asians in the industry), she is working tirelessly to end stigma and stereotypes and for a more inclusive industry.

DAILYMOO.IT We know that as a young girl you were a talented pianist. What did music represent for you?
JULIA LEE:
When I was young, playing piano felt more like I was living out my mom’s dream than mine. I wanted to play sports. Looking back, I really appreciate the skillsets they embedded in me such as memorization, focus, and consistency. Playing a song 10 times perfect in a row before I could go to bed will do that to you.
During the pandemic, I found myself drawn to the songs of my youth. It brought out a youthful joy from deep inside me to relive my childhood music through a new expression of my grown self. In a way it reminded me of that feeling when anybody could listen to and connect with the playing – which I did not necessarily fully appreciate as a child. Anyone can connect with my expression. There are no words, just sound.

Julia Lee – ©Kezi Ban

DM: Art has many faces, do you feel like an “Artistic” person?
JL: Absolutely. I think everybody is artistic. It’s just about finding a medium to channel ones expression. Growing up, it was through sewing my own belts and making jewelry. Now, it comes out even in simple things like cooking.
I think being artistic means doing something with love and putting passion, fire, and life into it. If I sit in a chair and am naturally posing and expressing myself with my body, that’s artistic. You can literally be artistic with anything and everything you do in life!

DM: How did your modeling career start and what is the best memory you have of this profession?
JL: As a teenager, I was scouted at my local mall for Philly Fashion Week. I was picked as 1 of 10 finalists to walk the show, but my Mom wouldn’t let me participate. After thinking about “what if” for a year, I tried out the next year. When I was picked, I didn’t tell my parents and skipped school to do the fashion show. The REBEL was born!
My favorite memory was shooting for the cover of Harper’s Bazaar Vietnam. I worked with an incredibly talented team including stylist Kevin Parker who heads Philly Fashion Week with Kerry Scott. Philly Fashion Week is where my modeling career started, so it was one of my full circle moments. Vietnam is where my father, who had passed not long ago, was from. I may not have known it in the moment, but the kismet was undeniable. This whole journey of pursuing modeling as a career was not always smooth. My traditional upbringing did not lend itself to the wanderlust career of modeling, and my parents unknowingly made sure I knew that. There were moments where I felt unsure if I was making the right decisions because it felt like everyone close to me wanted me to go on a different path. So getting this cover was an affirmation in my belief in myself, and that chasing my dreams was worth the leap.

DM: What does it mean to you to be an Asian model? Have you found particular difficulties in establishing yourself in the fashion world?
JL: Being an Asian model means that I am being picked or cast by clients with one of the fundamentals reasons being: I am Asian. There was meaning behind picking me: whether that is to effectively market to a certain group (often the “Woke Approval”), or to fill a specific role (the “pretty Asian girl”). Asides from filling checkboxes, being hired as solely a model means that I am being picked because of statistics like my measurements and how I fit the clothes (plus being likable – which helps determine who clients decide to work with).
The biggest difficulty I face is feeling like I’m not being seen. I’ve been told by the industry that I’m too pretty, I’m not Asian enough, that I just don’t fit their standard for how they think Asians should be portrayed (which is looking exotic or traditional). As an Asian American, specifically a mix of Chinese and Vietnamese, I often felt like I didn’t fit in the box that clients, casting directors, and agents wanted to put me in based on seeing my stats like Asian ethnicity, height, hair color, eye color, etc.

DM:  In this regard, we know that you are particularly active in improving the representation of Asian Americans in the media and in the world of models. What does it mean to be “Activists” nowadays?
JL: I think being an activist means taking action towards a cause for the greater good with the intention of making a positive impact. I think it’s about moving through life pushing for a purpose that’s much bigger than oneself. It’s about inspiring others to think about the way they act and make a change collectively.

DM: Are you attracted to the world of the ‘seventh art’? In what kind of film would you like to act?
JL: While I will always cherish my experiences as a model, I’ve been exploring new creative outlets and have been pursuing more acting opportunities. I’m ready to express myself through words, body language, and bring characters to life in a way that modeling doesn’t always allow for.
I would love to play the role of a professional athlete. I admire professional athletes for how committed and in love they are with their sport. I think I could bring my experience playing piano to the table to make for a dynamic leading role. It would certainly be interesting to highlight a female Asian athlete since they are almost entirely overlooked, and severely underrepresented.

DM: What would you recommend to a girl who wants to start your profession?
JL:
Take your time with it. Your career is not over once you hit 18 years old. Be yourself, that’s the best selling point you have rather than trying to fit into what you think the industry wants you to be. The camera does not lie and picks up what’s real – like your emotion and imperfections, so it’s important to make sure you’re bringing your true self forward.

DM: Can you tell us about your future projects?
JL:
I just returned from the British Virgin Islands where I modeled at Summer Sizzle, an international fashion and lifestyle event. I walked for many designers and created some interviews with them that I am really proud of and will be posting on social media soon. It was nice to have intimate moments, getting to know the designers one-on-one, since during fashion shows quality time to just sit down and talk is nearly impossible.    

I plan to go to NYFW and attend and walk some shows. After that, I’m planning a trip for Fall or early Winter to travel to Vietnam and connect with my Vietnamese heritage. In between model bookings and content creation, I’m focusing on my acting and building my brand.

Photo/ Najah Mansur @munglassy

DM: Social Media: how important have they become for a person who does your business?
JL: Very important! I can’t name a casting or audition where I didn’t have to put down my social media handles. It lets clients get to know you a bit better than a 2 minute audition tape. The added colour is invaluable to maximizing the impact of marrying your interior with your exterior.

DM: Do you find it right and correct that often fashion and the choice of models, is influenced by social media?
JL:
Absolutely. I think nowadays, clients want to know more about the model before booking. After all, there’s more to it than being just a pretty face. Today, I think that there is a lot of crossover between models and “influencers” when clients book talent. I think ideally a client should book a model who is experienced with posing & walking, and it’s a plus if they have a social media presence. This industry is competitive and social media brings another layer to it. I think it is a positive when the social media is an additive to the model, but not the defining factor. Think of it as more of a partnership with You than just hiring your looks.

DM:Do you like Italy? Can you leave a greeting to all DailyMood.it readers who will soon read your interview?
JL:
I LOVE Italy! I’ve lived in Milan for a total of 7 months and had life changing experiences. I related to the cultural similarities like the importance of food bringing the family together and even little things like hang-drying clothes. I would love to visit Capri next. My friend recommended La Minerva Capri to stay. I heard it’s a beautiful romantic getaway!

Ciao, sono Giulia. Sono entusiasta di condividere con voi qualcosa su di me e spero di poter venire presto a visitare l’Italia!

Grazie a te Julia dalla Redazione di DailyMood.it

di Emma Mariani

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